«La fascetta è la nostra targa I consumatori stiano attenti»

La “fascetta” - il contrassegno di Stato che identifica ogni bottiglia di Prosecco Doc - è la carta d’identità del vino. Ci dice chi lo ha prodotto, dove, quando e soprattutto come. Se c’è la fascetta, possiamo stare tranquilli: ci troviamo davanti a una bottiglia che ha superato una fitta sequenza di controlli e che al suo interno contiene “vero” Prosecco. «Ecco perché quello che hanno sequestrato a Codogné non può essere chiamato Prosecco, in alcun modo» tuona Stefano Zanette, presidente del Consorzio di Tutela Prosecco Doc. Il sistema di sicurezza delle fascette è simile a quello delle banconote, una tecnologia digitale di ultima generazione per ostacolare migliaia di imitatori delle bollicine Doc in tutto il mondo.
il malcostume
Zanette ringrazia gli autori dell’operazione, dalla Guardia di Finanza all’Ispettorato Repressione Frodi, con cui il Consorzio collabora da anni. «Quanto successo è un malcostume che danneggia il nostro territorio» afferma Zanette, «è concorrenza sleale verso gli operatori bravi e onesti ma anche verso il consumatore. Anche a chi acquista, infatti, chiedo di fare attenzione: ormai tutti devono sapere che qualsiasi vino dev’essere etichettato, la fascetta è la sua carta d’identità, ci permette di capire cos’è stato fatto e dove. Nel caso di una denominazione come la Doc, ci garantisce tutta la tracciabilità del prodotto, è una targa alfanumerica che ci fa risalire al produttore, al vinificatore, a chi lo spumantizza e a chi lo commercializza. C’è un ente, Valoritalia, che certifica tutti questi passaggi».
Bottiglie “nude”
La fascetta viene conferita soltanto a chi si attiene scrupolosamente al processo produttivo indicato dal Consorzio e dagli enti controllori. «Le altre sono bottiglie “nude”, senza informazioni» continua Zanette. Il problema è anche e soprattutto di natura fiscale: «Un vino Doc o Docg deve avere la fascetta, senza si può vendere solo in nero. Un vino generico che non è Doc o Docg non deve avere la fascetta, ma ha lo stesso l’obbligo di avere una sua “identità”, cioè un registro di imbottigliamento, e un’etichetta».
i rischi
Nel caso del sequestro di Codognè sono stati esclusi rischi per la salute. Ma senza controlli non esistono certezze: «Se manca la “targa”, vuol dire che nessuno ha controllato quel prodotto. E quindi può essere contraffatto, potrebbe contenere degli additivi, nessuno lo sa. E anche se non lo fosse, e per assurdo fosse uno dei vini migliori al mondo, sarebbe comunque una truffa. Come ho detto, non parliamo di “truffa del Prosecco”: in questi casi è il Prosecco che punta il dito contro le pratiche illecite».
i vantaggi
Ma perché un produttore viola le norme, e rischia multe e sequestri, per rinunciare a etichette e fascette di Stato? «Perché questo gli consente di vendere un prodotto che non è registrato, non è tracciabile, non esiste, a partire dalla vendemmia. La materia prima senza controlli costa meno, poi però al momento di venderla i costi non sono altrettanto bassi, quindi i margini di guadagno sono superiori rispetto a chi lavora onestamente. La fase di certificazione ha dei costi aggiuntivi e margini più ristretti, chi opera illegalmente lo fa per abbattere quei costi».
le buone pratiche
Secondo l’Ispettorato, i “furbetti” del Prosecco sono meno di un tempo. «Nel Prosecco Doc abbiamo una denominazione che certifica più di 550 milioni di bottiglie l’anno» conclude Zanette, «non voglio dire che siamo indenni da tutto, ma di sicuro le nostre bottiglie Doc sono certificate e garantite, quindi una certezza per il consumatore. Dal 2009 tutti i processi sono registrati e con l’avvento del “sigillo” di Stato la garanzia di qualità e sicurezza è assoluta». —
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