La famiglia di Treviso ostaggio delle mosche: «Noi, assediati dagli insetti per colpa del compostaggio»

TREVIGNANO. Con l’arrivo del caldo sono piombati nell’incubo nella villetta di via Sant’Elena 20, la più vicina all’impianto di compostaggio di Contarina a Signoressa: lì abitano Simone Favero, la moglie Cecilia Santagata e tre figli di 17, 14 e 10 anni.
Da un paio di settimane vivono assediati dalle mosche e dagli odori che ammorbano l’aria. Sotto accusa è il vicino e modernissimo impianto di compostaggio, costato oltre 21 milioni e operativo da settembre.
È diventata un incubo la loro vita, hanno protestato, chiamato il sindaco, l’opposizione, Contarina, l’Arpav, l’Usl, la Provincia e lunedì alle 18.30 si riunirà la commissione comunale per la vigilanza e il controllo dell’impianto di compostaggio per capire cosa sta accadendo.
In municipio è arrivata anche una interrogazione del gruppo di Forza Trevignano. Sul posto sono stati un po’ tutti gli interpellati, compreso il presidente di Contarina Franco Zanata, ma il problema non è stato ancora risolto.

Esercizio provvisorio. «L’impianto è in esercizio provvisorio e quindi nemmeno a pieno regime», spiega il capogruppo di Forza Trevignano, Pierluigi Sartor, «è evidente che c’è qualcosa che non va e tale problema va risolto». Intanto in via Sant’Elena 20 sono arrivate le trappole per le mosche, cinque sacchetti appositi che attirano le mosche.
«Ognuno può contenere fino a 40mila mosche e come si vede sono già pieni a metà», spiega Cecilia Santagata, «in più sono andata a prendere fascette di carta moschicida da mettere alle finestre per cercare di fermare le mosche, ma arrivano a nugoli, soprattutto verso il tramonto. Non si può vivere in questo modo, io mi sento agli arresti in casa perché all’esterno non si può stare, si diventa matti. Ho dovuto portare mio figlio più piccolo dal pediatra e da quanto è risultato quello di cui è affetto è a causa proprio delle mosche». A disagio si aggiunge disagio: quello dell’odore.
La puzza. «Arrivano zaffate di odore nauseabondo», dice ancora Santagata, «sono d’accordo con Contarina che ogni volta che arriva l’odore io mando loro un messaggio: oggi l’ho mandato già tre volte». Le hanno proposto di andarsene lontano da lì per una settimana o più per procedere a una disinfezione radicale. «Sì, mi è stato proposto di andare altrove per una settimana o dieci giorni», dice, «ma io non voglio andare via e permettere che mettano chissà quali veleni a casa mia per debellare le mosche, devono risolvere il problema e basta, senza crearne altri. Dicono che sono convinti che riusciranno a debellarle, finora però continua l’invasione. E io mi batterò finché non risolveranno, e non lo faccio solo per me, ma anche per gli altri, perché dopo casa mia le mosche infesteranno anche le altre case della zona».
È stata interpellata anche la Provincia, competente per l’autorizzazione all’esercizio. «Mi è stato fatto presente questo problema», afferma la consigliera provinciale delegata all’Ambiente, Marianella Tormena, «voglio sentire anche i vertici di Contarina per capire bene cosa stia accadendo». Intanto domani pomeriggio, proprio presso l’impianto, si riunisce la commissione per la vigilanza. Nominata due anni fa è alla sua prima seduta: comincerà con la nomina del presidente, poi affronterà l’argomento.
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