La ex Baccini spa regina del solare ora illumina la Cina

SAN BIAGIO
I cinesi vengono a comprare le loro macchine per lo stampaggio dei pannelli di silicio. Gli americani si sono comprati direttamente la fabbrica. Adesso si chiama Applied Materials ma è sempre lì, sulla via Postumia a Olmi di San Biagio. Esattamente dove l’aveva realizzata il trevigiano da Breda di Piave Gisulfo Baccini, settant’anni, cavaliere al merito della Repubblica, l’uomo il cui prodotto adesso è citato persino dal re cinese dell’energia solare, l’imprenditore Zhengrong Shi, presidente della Suntech, un colosso da 3,1 miliardi di dollari e numero uno al mondo nel business dell’energia solare.
La storia di quest’impresa tutta trevigiana è quella di una grande occasione perduta, forse la più clamorosa degli ultimi anni per il sistema Nordest. Del resto l’industriale Gisulfo, detto Nino, diploma professionale in tasca, ex operaio della Secco di Preganziol, raccontava spesso la storia di un loro cliente giapponese che, in arrivo in treno da Firenze, aveva calcolato l’orario d’arrivo a Treviso ed era sceso...cinquanta chilometri prima perchè il treno era in clamoroso ritardo. Insomma, il sistema Italia ha lasciato andarsene questa industria che, da sola, produce praticamente il 70 per cento delle macchine per la stampa del silicio, utili per l’industria solare e fotovoltaica.
Dal 2007 la Baccini spa è diventata Applied Materials Inc., multinazionale della nanotecnologia quotata alla Borsa di New York. Sono arrivati e l’hanno voluta tutta, pagandola sull’unghia 225 milioni di euro. Così la piccola azienda di Olmi di San Biagio, fondata nel 1967 dall’ex operaio della Secco, ha issato la bandiera americana sul pennone più alto.
Gli americani vi hanno guardato dentro: e hanno scoperto che l’imprenditore trevigiano era riuscito a brevettare un tipo di tecnologia utile a lavorare su wafer di silicio ultrasottili, indispensabili nell’industrializzazione del processo che portato negli ultimi anni a decuplicare la produzione di pannelli solari. Così l’azienda trevigiana, oggi costola italiana del colosso californiano, è passata dai 60 milioni di euro di ricavi cui l’aveva portato la famiglia Baccini ai 470 milioni registrati alla fine del 2010 grazie agli americani. Otto volte tanto. Nessuno dei colossi dell’energia nazionale – che pure conoscevano la Baccini per averci lavorato – ha pensato che quell’azienda potesse essere contendibile e diventare una straordinaria occasione di crescita industriale per il sistema paese. Nessuno. E i Baccini hanno risposto all’offerta americana.
Attorno alla trevigian-americana Applied Materials ruota – ora come prima –un indotto di alcune decine di imprese del Nordest. Una di queste, la Fratelli Volpato di Volpago del Montello, ad esempio, ha dovuto adeguarsi al modello industriale degli americani per soddisfare un picco di produzione. E la multinazionale californiana l’ha invitata in California per ricevere dalle mani del presidente una targa dorata: un premio perchè nei primi tre mesi dell’anno scorso la Fratelli Volpato è riuscita a fronteggiare la richiesta improvvisa di milleduecento macchine, il doppio del normale, quasi esclusivamente facendo leva su una riorganizzazione interna e su criteri di flessibilità.
Adesso il re cinese dell’energia solare, l’imprenditore Zhengrong Shi, conferma che più di dieci anni fa veniva a Treviso in veste di compratore di macchine per la stampa di celle solari. E spiega al mondo che il suo successo porta anche il contributo delle macchine da stampa inventate dal cavalier Nino Baccini da Breda di Piave.
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