La Diocesi: «Mai locali pubblici nelle ex chiese della città»

VITTORIO VENETO. La diocesi di Vittorio Veneto mette le mani avanti. Non cederà chiese per farne mense, tanto meno night club, palestre, abitazioni private, come sta succedendo da altre parti del Veneto e in giro per l’Italia. Lo afferma Cristina Falsarella, prima donna a dirigere l’ufficio diocesano dell’arte sacra e dei beni culturali. Anche nel territorio diocesano – afferma, però senza andare oltre nella specificazione – ci sono «esperienze non sempre felici e alcune situazioni mai affrontate e ormai inderogabili».
Sono sempre più numerose le chiese non più adibite al culto, quelle minori sono state cedute. Si pensi, nella sola città di Vittorio Veneto, alla chiesa di “San Paoletto” adiacente al Museo della Battaglia e a quella di San Giuseppe, in piazza Foro Boario.
Quest’ultima è stata trasformata nel sacrario delle bandiere di guerra e dei Cavalieri di Vittorio Veneto. La prima è a servizio del Museo, vi si svolgono mostre, incontri e, in taluni casi, anche buffet. I due edifici, già di culto, hanno comunque un’utilizzazione seria, non dissacrante, ma in altre situazioni si eccede. In Vaticano c’è stato un recente convegno al termine del quale si è diffuso un documento che detta norme severe in materia.
«È importante che per formulare il riutilizzo sostenibile di una chiesa dismessa “la comunità ecclesiale si confronti con la comunità civile presente sul territorio, con gli specialisti del patrimonio, gli architetti, gli operatori sociali e i fedeli, disposta a dare al bene una finalità più ampia», è una delle raccomandazioni della direttrice Falsarella. Il rispetto della dignità del luogo dovrà essere garantito, in caso di alienazione, «anche mediante vincoli giuridici: qualora non sia possibile mantenerne un uso religioso, affidandolo ad esempio ad altre comunità cristiane, è auspicabile la destinazione culturale, caritativa o solidale, purché si rispetti il carattere del luogo in termini simbolici e la sua leggibilità in termini formali».
Vengono dunque esclusi riutilizzi commerciali a scopo speculativo o la trasformazione in abitazioni private, a meno che non si tratti di edifici privi di valore architettonico.
Un’ulteriore raccomandazione in caso di chiese dismesse riguarda il patrimonio mobile (arredi, suppellettili, immagini, paramenti, vetrate): «Nel caso si tratti di manufatti di pregio vincolati dalla legge dello Stato sui beni culturali, sarà opportuno – registrandone la provenienza – affidarli ad una struttura museale in grado di assicurare loro una «nuova funzione ecclesiale e di memoria». Come anche è consigliata, per quanto possibile, la rimozione di «altari, amboni, pulpiti, immagini sacre e in genere gli arredi sacri, la cui presenza possa contrastare con il nuovo utilizzo dello spazio». —
Francesco Dal Mas
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