Jesse, lo Stato chiede il conto agli operai

GAIARINE. Dall’esplosione del caso Jesse, con la scoperta della cassaforte per custodire il “nero” dell’azienda, fino ai danni collaterali: ovvero le sanzioni del Fisco ai lavoratori. Così alcuni ex dipendenti del mobilificio chiedono all'impresa di essere risarciti. A pagare il nero sono loro. L'Agenzia delle Entrate ha spedito cartelle esattoriali che sfiorano i 50 mila euro. Per chi ha lavorato una vita, come operaio o impiegato, si tratta di una mazzata. «Dovevamo accettare le direttive dell'azienda e ora a pagare siamo noi», spiegano alcuni ex dipendenti, «mentre non abbiamo ricevuto tredicesima e trattamento di fine rapporto». L’azienda, al momento del blitz della Finanza, contava 250 dipendenti. Molti di loro oggi sono infuriati: una decina, per la maggior parte pensionati, hanno diffidato la Jesse. Si sono rivolti a degli avvocati per ottenere giustizia. «Oltre al danno la beffa», spiegano dallo studio legale Zanvettor Bruschi, «pur avendo regolarizzato oggi le rispettive posizioni con il fisco, avendo pagato anche più del dovuto, si trovano privi di quanto spettante loro a titolo di istituti contrattuali indiretti, quali tredicesima e tfr. Infatti l'azienda nulla ha versato a tale titolo ai lavoratori».
L'Agenzia delle Entrate aveva contestato ai dipendenti 4 milioni di euro, per somme che sarebbero state percepite fuori busta e su cui non sono stati versati contributi. A chi è “andata bene” l'Agenzia delle Entrate ha recapitato un conto da 15 mila euro, altri hanno sborsato 48 mila euro al fisco. Qualcuno ha impugnato i provvedimenti, altri domandano alla Jesse il risarcimento. Prima di promuovere una causa i lavoratori hanno deciso di procedere con una negoziazione assistita e ora attendono una risposta dai legali della ditta. «Ho lavorato per loro per 40 anni», rivela un pensionato, «e mi hanno dato così il benservito».
Il terremoto nel mobilificio di Francenigo si era verificato tre anni fa. A inizio 2012 il blitz della Guardia di Finanza aveva scoperto una stanza segreta e un incaricato a contabilizzare il nero. A seguito della contestazione di un'evasione fiscale milionaria il patron Alessandro Jesse aveva patteggiato 16 mesi di reclusione e concordato con l'Agenzia delle Entrate un programma per risarcire l'erario. Il conto presentato dalla commissione tributaria all'azienda ammonta a 52 milioni di euro. Ma i controlli erano scattati anche per i dipendenti, per il periodo tra il 2007 e il 2010. Gli appelli dei vari politici, tra cui Luca Zaia, sono rimasti inascoltati. L'Agenzia delle Entrate di Treviso e Pordenone ha invece colpito anche i lavoratori, che continuano a vedersi recapitare avvisi di accertamento. «Il tutto solamente sulla base di informazioni assunte direttamente dall'azienda», spiega l'avvocato Maria Bruschi, «in assenza di qualsivoglia contraddittorio con i dipendenti».
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