Interpreti non pagati: saltano le udienze

Mancano i fondi per pagare gli interpreti: saltano le udienze in tribunale. È successo nei giorni scorsi con alcuni processi per direttissima a carico di stranieri: le cancellerie hanno inutilmente cercato un traduttore in tutta la provincia, ma nessuno dei professionisti inseriti nella lista da cui attinge il Palazzo di Giustizia - 50 nomi in tutto per le diverse lingue - ha risposto all’appello.
Ma non basta: ieri mattina un interprete si è presentato agli uffici di via Verdi per ritirare il suo compenso legato a un lungo e impegnativo lavoro di traduzione durato svariate settimane rivelatosi indispensabile per una delicata attività di indagine della Procura. Ebbene, il professionista, si è visto corrispondere la somma di 80 euro lordi. L’uomo ha girato i tacchi senza incassare quei soldi: «È un compenso indecoroso, lesivo della dignità del lavoratore», ha commentato amaro andandosene a mani vuote.
Un gesto che riassume il disagio, gravissimo, degli interpreti del tribunale di Treviso (ma la loro situazione è simile in tutt’Italia) e i conseguenti problemi per l’attività della Giustizia. D’altra parte si tratta di un epilogo inevitabile e prevedibile se si considera il trattamento economico loro riservato: 4 euro lordi all’ora, pari a 3 euro e 30 centesimi netti per un massimo di 39 euro al giorno. Un terzo di quanto guadagna nella Marca una colf, un quarto di un operaio e senza contare che non vengono rimborsate neppure le spese di viaggio. Il tutto per svolgere un’attività delicatissima, fondamentale per decidere se una persona è colpevole o innocente. I compensi sono fermi alle tabelle del 1980, da allora non sono stati più aggiornati. Ma non basta: i tempi medi di attesa per ricevere il compenso si aggirano tra i 4 e i 5 mesi. Il tutto dopo un periodo in cui i pagamenti erano stati bloccati addirittura per un biennio. Negli uffici del tribunale i funzionari solidarizzano con gli interpreti e allargano le braccia: «Non possiamo fare nulla: i soldi arrivano dal ministero e regolarmente finiscono prima del termine dell’anno». Finiscono, per l’esattezza, tra agosto e settembre col risultato che chi riceve un incarico o presenta la sua nota-spese dopo tale periodo, deve aspettare l’anno dopo - quando Roma provvederà a rifornire le casse dei palazzi di Giustizia - per ricevere il compenso spettante. Un problema ben noto a Treviso tanto che l’ex procuratore Antonio Fojadelli aveva diffuso una nota ai suoi sostituti raccomandando di rimborsare ai traduttori le spese di viaggio e di considerare, nel conteggio dell’importo dovuto, la delicatezza dell’incarico svolto. Una soluzione che aveva permesso di tamponare l’emorragia di professionisti. Ma il rimedio ha avuto vita breve: nel 2010, nel corso di un’ispezione ministeriale, la Ragioneria di Stato ha contestato alcune di quelle liquidazioni ritenendole ingiustificate. Risultato: i magistrati hanno dovuto tornare all’interpretazione «più restrittiva» attenendosi strettamente agli importi delle tabelle. L’effetto? Inevitabile: trovare un interprete disponibile, spiegano alle cancellerie del palazzo di Giustizia, è diventato missione quasi impossibile. «Più di un’udienza è stata rinviata per la mancanza dell’interprete», spiegano gli uffici di via Verdi. E se si considera che gli stranieri nella Marca sono oltre 100 mila, l’11% della popolazione, e i reati commessi da stranieri un fenomeno diffuso, si capisce qual è l’importanza dei traduttori a palazzo di giustizia.
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