Il sogno scudetto di Guidolin: "Avessimo tenuto Sanchez..."

Il tecnico di Castelfranco ha lasciato l'Udinese e racconta i suoi quattro anni in Friuli. E quel cucchiaio indigesto...
Francesco Guidolin alla guida dell'Udinese
Francesco Guidolin alla guida dell'Udinese

CASTELFRANCO. Cinque campionati alla guida dell’Udinese, quattro sulla panchina del Palermo. Francesco Guidolin, allenatore di Castelfranco, da maggio ha risolto il contratto con i Pozzo (non lo dice apertamente, ma l’epilogo, specialmente per le modalità, deve averlo deluso non poco): si gioca Palermo-Udinese, e il tecnico trevigiano si sofferma con piacere a parlare di quelle che considera la sfida tra «due mie belle storie», le più longeve e quelle con i risultati più prestigiosi della sua brillante carriera.

Guidolin, partiamo dalla fine. Perché non ha funzionato il suo nuovo ruolo all’Udinese come coordinatore tecnico delle tre realtà calcistiche dei Pozzo?

«Non lo so. Ne parlavamo da tempo, pensavo di essere ormai un uomo del club anche perchè avevo rinunciato a offerte importanti. Di fatto è un progetto che non è mai partito. Non è andata, ne ho preso atto e ci siamo lasciati».

Il suo primo contatto con la realtà Udinese?

«Onestamente non ricordo chi mi chiamò nell’estate del 1998. Mi avevano cercato anche altre società, ma l’Udinese si fece avanti in maniera molto concreta e io pensai che era il modo giusto per dare continuità alla mia carriera».

A fine anno arrivò la zona Uefa. Quanto è rimasto forte il rimpianto Champions a causa di quella sciagurata sconfitta col Perugia?

«Sarà per il tempo che scorre via, sta di fatto che io di quella stagione conservo ricordi belli. In Europa ci andammo comunque e battendo allo spareggio la Juventus. Nel girone di ritorno giocammo un grande calcio e per me fu importante riportare l’Udinese dove l’avevo presa senza Bierhoff ed Helveg».

Nel quadriennio 2010-2014 sono arrivati 200 punti. Impensabile appena ritornato a Udine, non trova?

«Sì, ma se andiamo a rileggere la storia io credo che la rosa del primo anno, se confermata in toto e rinforzata da due-tre pedine, avrebbe potuto lottare per lo scudetto. Poi, sia ben chiaro, io avallai la decisione della società di far partire chi aveva richieste perché trattenere un giocatore controvoglia non ha senso. Ma quella, con l’inserimento di Danilo, è la mia Udinese più forte».

Giorgione, gran finale con Checco Guidolin

Qual è stato il momento più difficile che ha vissuto sulla panchina dell’Udinese?

«Sicuramente l’eliminazione dal preliminare di Champions per mano dello Sporting Braga. Per due giorni ebbi davvero la tentazione di mollare tanto forte era stata la delusione. Poi da buon ciclista sono risalito in bici e mi sono messo a “pedalare”».

Il giocatore più forte che ha allenato a Udine?

«In senso assoluto Totò. Ma che soddisfazione intuire che Sanchez era un numero 10. Poi è andato a Barcellona dove da esterno non ha espresso secondo me tutto il suo potenziale».

Il vero miracolo è arrivato nella seconda stagione: terzo posto con trequartisti Torje o Fabbrini...

«Il miracolo non è stato del sottoscritto, ma frutto del lavoro di tutti: società, staff e giocatori che seppero rimotivarsi sempre più nelle difficoltà».

Cominciaste quella stagione andando a sfidare l’Arsenal con Ekstrand e Neuton titolari...

«La qualificazione ce la siamo mangiata a Londra dove abbiamo fallito tre-quattro occasioni. E se Totò nella gara di ritorno avesse segnato il rigore del possibile 2-1 chissà come sarebbe finita. Io ho comunque un ricordo piacevole della sfida con gli inglesi».

Il suo unico vero grande rimpianto rimane, dunque l’eliminazione per mano del Braga?

«Sì. Quel cucchiaio di Maicosuel rimarrà il mio grande cruccio. Io avevo scelto i rigoristi, ma qualcuno non se la sentì di andare sul dischetto. Dovevo insistere io e mandare a calciare chi ci aveva portato sin lì».

Nel suo ultimo anno sulla panchina bianconera ha mai davvero pensato di retrocedere?

«No. É stata una stagione difficile anche perché eravamo abituati ad altri obiettivi, ma non hai avuto paura perchè nei momenti decisivi la squadra sapeva sempre ritrovarsi. E infatti arrivammo in semifinale di Coppa Italia battendo Milan e Inter e giocandocela alla pari in semifinale con la Fiorentina. Fossimo andati in finale sarebbe stata la quinta qualificazione europea su cinque a Udine per me».

Lei ha fatto esordire in serie A Scuffet, che adesso è stato girato in B al Como. Come valuta la gestione di questo ragazzo?

«Io serie A non c’è nessuno della sua età che gioca, quindi Simone non è stato svalutato. Da tecnico io lo avrei riconfermato titolare lo scorso ano, da uomo di società capisco che ci possano essere state altre esigenze come quella di valorizzare Karnezis che ha fatto bene. Ma io sono convinto che con Scuffet sarebbe stata la stessa cosa».

Come giudica la stagione dell’Udinese di Stramaccioni?

«É una storia che non conosco. Non sono mai andato al Friuli lo scorso ano per una questione di correttezza. Adesso che sono fuori dal giro dell’Udinese, verrò per vedere il nuovo stadio, salutare i tifosi e respirare l’aria friulana».

Il nuovo Friuli è quasi ultimato. Sensazioni?

«Mia moglie che è stata più spesso di me a Udine mi riferiva che lo stavano costruendo con grande rapidità. Io l’ho visto in tv e il colpo d’occhio mi è sembrato davvero molto bello. Spero che la società mi inviti il giorno in cui verrà ufficialmente inaugurato».

A Udine impazza la polemica sul nome. Dacia Arena ha fatto arrabbiare non poco la maggioranza dei tifosi. Il suo pensiero?

«Dipendesse da me lo chiamerei FriulArena, ma mi rendo conto che il mondo va in un’altra direzione e che sono un po’, come dire, fuori dai tempi».

Udinese-Palermo è anche Pozzo contro Zamparini. Chi dei due è più tifoso?

«Lo sono entrambi, ma Zamparini soffre di più perché rifiuta di seguire la partita allo stadio».

Come la convinse Zamparini ad accettare Palermo?

«Fu come sempre molto schietto, diretto, dicendomi: mister, ho bisogno di lei, mi deve risolvere qualche problema».

E il problema fu risolto: Palermo in serie A.

«Ad aprile, quando mancavano dieci gare alla fine, la città era già tutta imbandierata di rosanero. Quella lunga attesa rimane il ricordo più bello della mia esperienza siciliana».

E il ricordo più intenso in Friuli?

«Al fischio finale della prima qualificazione in Champions, però ne potrei citare molti altri».

Il momento più difficile? Quello delle prime quattro sconfitte consecutive?

«No, il più difficile, ve l’ho già detto, è stato il post Braga».

Lei ha “giocato” molti Udinese-Palermo. Il più famoso rimane quel 7-0 alla Favorita quando sedeva sulla panchina bianconera. Cosa disse nell’intervallo ai suoi giocatori che stavano vincendo 5-0?

«Mi rivolsi soprattutto ai senatori e dissi loro che bisogna fare le persone per bene e non era il caso di infierire. In campo, però, c’erano, due-tre ragazzotti che non mi davano ascolto, Sanchez su tutti. Dopo un quarto d’ora dovetti sostituirlo perchè altrimenti quel giorno avrebbe segnato dieci gol».

Lei ha inventato Sanchez numero 10, ma ha cambiato anche ruolo a Pereyra che lo scorso anno, alla prima stagione nella Juve, è stato il terzo giocatore per minutaggio.

«Brava la società a prenderlo, ma qualche “trappola” per strada me la misero. Venne presentato come un esterno di sinistra in una mediana a cinque. Poteva adattarsi, ma più passava il tempo e più mi rendevo conto che era più bravo al centro. Max non giocava, comunicava poco e niente, ma intuiva che lo consideravo. Poi si è sbloccato ed è diventato una bella mezzala. Ditelo anche ai colleghi di Sky che insistono nel dire che con il sottoscritto a Udine giocava da esterno. Non è vero».

Guidolin, che idea si è fatto dell’Udinese di Colantuono?

«Beh, intanto è partita bene violando lo Juventus Stadium. Stefano, che è un allenatore che stimo oltre che un amico, è ripartito dal 3-5-2, ma è un tecnico che conosce vari moduli e in caso di necessità saprà cambiare. Ha una squadra esperta, molto più della mia. Nell’undici titolare non ci sono dei giovani come ai miei tempi».

Beh, ci sarebbe Zapata...

«Ecco, questo è un ragazzo molto interessante che secondo me potrà fare molto bene a Udine. Io ho sempre avuto nelle mie squadre delle prime punte di peso: Murgita, Sosa, Cruz, Toni, Amauri. É stato a Udine che mi sono adeguato perchè c’era Totò».

A proposito di attaccanti: il Palermo ha preso Gilardino...

«Dopo la cessione di Dybala e Belotti, Iachini aveva bisogno di un attaccante affidabile. È vero che dietro ci sono dei giovani interessanti, ma hanno bisogno di crescere con pazienza. Sanchez è esploso al terzo anno, idem Dybala».

Muriel alla Sampdoria è all’ultima occasione?

«Luis finora ha fatto la sua migliore stagione con il sottoscritto segnando 11 gol nel girone di ritorno. Ha le qualità del
giocatore di primissimo livello, dipende solo ed esclusivamente da lui».

Che partita sarà quella di domenica sera?

«Considerando che le due squadre hanno vinto all’esordio, mi aspetto una partita molto aperta e difficilmente uscirà un pareggio».

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