Il monito del parroco di Santa Lucia: «I fedelissimi di Salvini non sono veri cattolici»

SANTA LUCIA. «I cattolici fedeli a Salvini non sono cattolici», questo è il senso di un editoriale scritto da don Paolo Cester, parroco di Santa Lucia e Sarano e vicepresidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Vittorio Veneto.
In un paese dove il sindaco indipendentista ha attaccato la parrocchia per l’ospitalità ai profughi, il parroco scomunica i “sedicenti cattolici” che odiano gli immigrati e i disagiati. Sul periodico parrocchiale “Insieme”, don Paolo fa una lunga analisi, partendo da una prima pagina di Libero in cui si scriveva che l’85% dei cattolici sosterrebbe il ministro dell’Interno sulla questione stranieri (l’articolo pubblicato il 24 agosto, fa in realtà riferimento a un sondaggio del 2017 quando Salvini era all’opposizione e ministro dell’Interno era Marco Minniti).
«Non intendo affrontare temi politici, anche se ve ne sarebbe bisogno», scrive il prete, «né soffermarmi sulla credibilità del quotidiano. Ma chi sono questi cattolici?». E continua: «Questi sedicenti cattolici riempiono le statistiche, mandano i figli a catechismo e chiedono tutti funerali cristiani. Ma non entrano mai in chiesa e scoprono dopo anni che il loro parroco è cambiato. Non mi risulta difficile pensare che l’85% di questi “cattolici di Stato” abbia posizioni come quelle descritte da Libero.
Posizioni lecite, ma costoro non sono cattolici». Nell’ex canonica di Sarano la parrocchia ha accolto diversi africani con il supporto della Caritas, ricevendo giudizi negativi, a cominciare dal sindaco Riccardo Szumski che ha chiesto alla chiesa locale il pagamento dell’Imu. «Dire “sono cattolico ma non sono disposto ad accogliere i disperati” è una contraddizione assoluta», osserva don Paolo, «Equivale a dire “sono interista ma spero vinca la Juve”». Il sacerdote, tifoso bianconero, sceglie l’ironia per evidenziare le incoerenze all’interno della corrente leghista e non solo.
«La responsabilità forse è più nostra, una responsabilità di Chiesa», prosegue, «Di noi che siamo incapaci di dare al Vangelo spessore di verità con la vita di tutti i giorni: che la domenica entriamo in chiesa a prendere gli avvisi ma non per celebrare le messa, che litighiamo con il parroco per avere il catechismo dei figli nel giorno desiderato ma siamo sereni nel non farlo mai partecipare la domenica. Annacquiamo la nostra fede a tal punto che anche chi non crede vi si riconosce senza sentirsi incoerente».
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