Il meccanico comunista confinato a Ventotene

CRESPANO. Con Altiero Spinelli e Sandro Pertini, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, a Ventotene c’era anche un trevigiano. Difficile che i fondatori dell’idea europea, tradotta nel Manifesto che porta il nome dell’isola dove lunedì si sono incontrati Renzi, Hollande e la Merkel, si siano confrontati con il meccanico di Crespano del Grappa Francesco Zardo. Ma allo storico Lorenzo Capovilla, autentico custode della memoria dell’antifascismo della Pedemontana, piace comunque l’idea di ricordare questo trevigiano costretto al confino «per anni cinque» dal duce Benito Mussolini. «É una figura sconosciuta ai più ma che è utile ricordare, soprattutto per i giovani» spiega lo storico ed ex sindaco di Crespano.
Nato il 28 giugno 1911 a Crespano, «Zardo Francesco fu Giuseppe e Colombana Giovanna» – come descrivono le annotazioni del casellario politico del Viminale – emigra in Francia per trovare lavoro nel 1937, quindi si trasferisce in Spagna dove viene arruolato nelle brigate internazionali contro il dittatore Franco. Qui partecipa alle più importanti battaglie antifranchiste, contraendo anche una grave forma di reumatismo. Dopo la vittoria dei franchisti è internato in Francia e rimpatriato in Italia. Da qui nell’ottobre 1941 condannato al confino per cinque anni e destinato nell’isola di Ventotene. Il frontespizio della sua scheda, custodita all’Archivio di Stato a Roma, riporta ancora le foto segnaletiche e la classica definizione con la quale venivano «bollati» gli antifascisti. Colore politico: comunista.
Giunto a Ventotene il 30 gennaio 1942 con l’idea di trascorrervi cinque anni, cerca di sopravvivere come può. Nel suo fascicolo c’è la richiesta all’ufficio confinati politici «un paio di scarpe, un paio di mutante, una camicia». La risposta è negativa. La madre, Giovanna Colombana, è costretta a chiedere al Ministro Galeazzo Ciano la liberazione, senza ottenere risposta. A Ventotene si scontra con il direttore del carcere, Marcello Guida (che più tardi fu questore di Milano), che nega i più elementari diritti ai confinati. Lo stesso Pertini, più tardi parlamentare, presidente della Camera e presidente della Repubblica, si rifiutò di stringere la mano a quel direttore di carcere, diventato questore nella seconda città d’Italia.
Il meccanico comunista di Crespano uscirà dalla prigionedi Ventotene il 22 agosto 1943, pochi giorni dopo la liberazione dello stesso Spinelli, all’indomani della caduta di Mussolini.
Rientra a Crespano dove aderisce alla Resistenza e nell’estate del 1944 è commissario politico del 3° battaglione d’assalto Matteotti. Scampa al rastrellamento del Grappa e, dopo la conclusione della guerra, entra in corrispondenza con Sandro Pertini ricordandogli i tempi del confino a Ventotene. Dopo la Liberazione vive a Crespano un po’ appartato, deluso dal clima politico e dal mancato riconoscimento della malattia contratta durante la guerra civile spagnola. (d.f.)
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