Il Genio Ferrovieri ha casa a Preganziol

La sede nazionale inaugurata dal presidente Ceccato tra ricordi, aneddoti e abbracci: «È il mestiere più bello»
Di Rubina Bon
FERRAZZA AG.FOTOFILM PREGANZIOL FERROVIERI DEL GENIO CORTEO E ALZABANDIERA
FERRAZZA AG.FOTOFILM PREGANZIOL FERROVIERI DEL GENIO CORTEO E ALZABANDIERA

PREGANZIOL. Ricordi, aneddoti, pacche sulle spalle, la mente che corre agli anni in caserma e poi agli di servizio a bordo dei treni e nelle stazioni. Un microcosmo composto da macchinisti, capitreno, capistazione, deviatori- manovratori e tecnici della manutenzione, tutti orgogliosi di un passato (e per alcuni anche un presente) con la divisa dei Ferrovieri del Genio e una carriera lavorativa da civili nelle Ferrovie, che venerdì si è riunito a Preganziol. L'occasione era l'inaugurazione della nuova sede nazionale dell'associazione dei Ferrovieri del Genio presieduta dal veneziano Fabio Ceccato. Sono arrivati in oltre 400 da tutta Italia, su tremila soci. Giuseppe Trovato, 64 anni, capostazione, fa parte della sezione di Catania. Domenico Scorrano, 80 anni e non sentirli, viene da Pisticci, Basilicata. In Veneto gli iscritti all'associazione sono 400, suddivisi nei due grandi gruppi di Venezia e Verona. La cerimonia con l'alzabandiera, la messa, il taglio del nastro della sede sopra alla stazione ferroviaria e il pranzo sociale, con il vicecomandante del Genio, generale Francesco Bindi, il sindaco Paolo Galeano e i vertici dell'associazione, è stata l'occasione per molti di ritrovare amici, colleghi, compagni di "circolare", ovvero di corso di formazione. Sergio Daldin, 65 anni di Ponte di Piave, arruolato nel 1969, dopo tre anni si è congedato ed è stato assunto come aiuto macchinista, passando poi a macchinista e girando così tutto il Nord Italia. «Il mestiere più bello, impreziosito dall'amicizia dei colleghi», racconta. Piero Martellozzo è nato a Camposampiero ed ha studiato all'istituto tecnico a Castelfranco. Nelle Ferrovie ha lavorato 40 anni e 14 giorni. «Ho tentato il primo concorso che non avevo ancora 18 anni. Mi hanno mandato indietro. Poi ho rivisto il bando in stazione e ho partecipato. Alle selezioni eravamo sedicimila, siamo passati il 240», spiega orgoglioso. Tra i ricordi di una vita nelle Ferrovie, il deragliamento di un convoglio passeggeri nel 1983: Martellozzo era il macchinista, fu assolto. O gli scherzi alla caserma Cavour a Torino, era il 1970: «Un compagno ogni sera lavava i calzini e li metteva a stendere annodati sulla branda. Di notte glieli sostituivamo, così alla mattina trovava sempre i calzini sporchi». L'amore lo ha fatto rimanere in Piemonte, così come Aldo Vincenzo Olivier, macchinista nativo di Perarolo di Cadore: «Anni fa il macchinista era un lavoro bello, c'era considerazione per questa professione». Paolo Scaggiante, 64 anni di Mestre, ricorda gli anni alla caserma Giordana di Chivasso: «Eravamo come una famiglia, ognuno di noi sapeva di poter contare sugli altri». Un pensiero che condivide anche il presidente nazionale Ceccato: «Anche dopo anni siamo come fratelli».

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