Il Csm assolve il procuratore Dalla Costa
Per la Prima sezione, all’unanimità, non c’è incompatibilità con alcune consulenze della moglie per Veneto Banca

Poloni Treviso Michele Dalla Costa nuovo Procuratore capo tribunale treviso
TREVISO. La Prima sezione del Consiglio superiore della magistratura ha “assolto” Michele Dalla Costa, capo della Procura di Treviso: l’organo di autogoverno della magistratura non ha dunque ravvisato profili di incompatibilità ambientale del procuratore che erano stati segnalati in un esposto nell’ambito della vicenda Veneto Banca. Una presunta incompatibilità dovuta al fatto che la moglie Ippolita Ghedini aveva ricevuto incarichi di consulenza proprio dall’istituto di Montebelluna. La Prima sezione ha infatti votato all’unanimità per l’archiviazione, come spiega il relatore Antonio Leone, parlamentare del Nuovo centro destra, e ora il fascicolo passerà al plenum che, con ogni probabilità, ratificherà la decisione. Un’archiviazione che in questi giorni sta facendo discutere alcuni membri della Commissione parlamentare che sta indagando sui dissesti bancari. La loro intenzione sarebbe quella di chiedere alcuni approfondimenti proprio al Csm.
L’intera vicenda era nata in seguito ad un esposto che sollevava il caso delle molte denunce presentate alla Procura di Treviso prima dello scoppio dello scandalo Veneto Banca, insinuando un dubbio: la Procura di Treviso ha fatto tutto ciò che doveva o non ha agito quanto poteva? E nell’esposto si faceva il nome di Ippolita Ghedini, sorella dell’avvocato e senatore Niccolò e moglie di Michele Dalla Costa. Specializzata in diritto di famiglia, Ippolita Ghedini è uno degli avvocati più noti di Padova. Tra le altre vicende ha seguito Silvio Berlusconi (che di Veneto Banca era azionista minoritario, tra l’altro) nelle pratiche per il divorzio da Veronica Lario. Gli incarichi di recupero crediti da parte di Veneto Banca, aveva sottolineato il procuratore, non avevano alcuna influenza sull'attività della Procura trevigiana.
«Mia moglie ha ricevuto una proposta di collaborazione da Veneto Banca mi pare a settembre o ottobre del 2014», aveva spiegato Dalla Costa, «proposta che lei si è riservata di accettare dopo aver verificato eventuali situazioni di incompatibilità. Incompatibilità che non ci sono, alla luce delle stesse indicazioni del Consiglio superiore della magistratura quando un magistrato e un avvocato operano su settori diversi e soprattutto su città diverse. Io e mia moglie non abbiamo mai lavorato nello stesso ambito territoriale, fin da quando non c’era ancora l’incompatibilità tra coniugi. Poi ha ricevuto singoli incarichi professionali da Veneto Banca per recupero crediti, ma in una maniera assolutamente minoritaria rispetto a tutto il suo volume d’affari».
L'inchiesta su Veneto Banca che aveva portato agli arresti domiciliari l’ex amministratore delegato e direttore generale Vincenzo Consoli è condotta dalla Procura di Roma che, nel febbraio 2015, aveva ordinato il sequestro di una copiosa documentazione nella sede della banca. La Procura di Treviso, in quella occasione, chiarì immediatamente che la competenza delle inchieste era della Procura di Roma in quanto il reato più grave, ovvero quello di ostacolo alla vigilanza, sarebbe stato consumato a Roma. Ora, con la chiusura del filone principale d’indagine, da Roma sono tornate a Treviso tutte le singole denunce. Il titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Massimo De Bortoli che sta indagando per i reati di falso in revisione, falso in prospetto, falso in bilancio e truffa.
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