Il commissario Bof e gli amministratori. Così Zaia si è “preso” la Lega della Marca

«Meno male che è arrivato Luca Zaia a mettere ordine, non se ne poteva più». Lo sfogo del veterano di mille battaglie, che pure Zaia-boy non è, rende bene lo spirito della Lega trevigiana all’indomani del commissariamento, che ha chiuso una fase di alta tensione interne, culminata nello scontro Conte-Marcon su Contarina, in un tasso di litigiosità interna mai visto prima. E pensare che la Lega domina la Marca come mai prima.
Gianangelo Bof è stato nominato dal segretario veneto Lorenzo Fontana – e dal direttorio che lo affianca, in cui siede Zaia – scompaginando tutte le previsioni, e pure le ambizioni. Ma soprattutto, per uno di quei paradossi che solo la politica può offrire, è arrivata a certificare una mutazione del Carroccio della Marca tutta nel segno di Zaia & Co., e non dell’apparato dei salviniani doc della primissima ora.
E questo durerà per almeno un anno e mezzo, oltre le regionali dove già si sgomita (27 posti, potrebbero far festa in 9 o 10). Con tutte le implicazioni del caso. «Si scrive Lega trevigiana, si legge Zaia-party», dicono i maligni. Provocazione? Sicuro. Ma mai come ora gli uomini di partito non sono nei posti nevralgici del partito, e nemmeno nelle controllate e sulle poltrone “pesanti”.
«E se il modello funziona, lo si può esportare», ammicca sornione un primo cittadino molto vicino al governatore. Ma è proprio l’entourage del governatore smentire ogni tentazione di smarcamento. E se ci fosse un antico istinto bavarese? Nei posti chiave, adesso, si sono insediati gli esponenti di quel fronte degli amministratori con l’apparato spesso i conflitto (da Villorba a Paese, da Conegliano all’area del Montello). O gli Zaia-boys clamorosamente esclusi alle politiche 2018, dove lo stesso governatore riuscì a piazzare non più di uno o due candidati graditi; o ancora, sindaci ed ex, persino senza tessera, molto distanti dalle coordinate della struttura di partito.
L’ex segretario nathional Toni Da Re è a Bruxellees, e Dimitri Coin, ex segretario provinciale primo fautore del “prima il partito”, è deputato (oggi sposo). Siede nel cda di Ascopiave, ma lì la svolta impressa dal presidente Nicola Cecconato, già pupillo del governatore ora diventato uomo di finanza tout court, ha portato a seppellire la strenua difesa della trevigianità, per le grandi nozze con Hera. E solo ora forse si recupera il disegno della superutility veneta cara a Da Re, ma con la corazzata Hera, e in competizione con i lumbard teoricamente amici.
Il commissariamento è stato un messaggio esplicito anche per alcuni veterani, come Luciano Dussin, segretario della più grande circoscrizione delle Marca, a Giampaolo Dozzo e all’altro Dussin, Guido. Lo storico leader Gianpaolo Gobbo è ora attivissimo in Fondazione Cassamarca, e resta un riferimento Ma la scelta di Bof- amministratore di un piccolo comune, ribadisce, prima di ogni palmares politico o di livello amministrativo - il marchio territoriale impresso al partito. Una filosofia molto cara a Zaia e ai suoi.
Capoluogo e grandi centri? Lo “schiaffo” è giunto anche lì. Il vecchio apparato? Ha perso peso anche per la decadenza immediata del direttivo provinciale, dove i salviniani Dpcg avevano la maggioranza. Sintomatico che il nuovo direttorio voluto da Bof (vedi a fianco) allinei segretari di circoscrizioni ma anche sindaci.
In lizza c’erano, per dire, ancjhe il segretario organizzativo uscente Bepi Paolin;: Bepi Canova, big del capoluogo; l’emergente Pierpaolo Florian.
A tutti, nessuno escluso, il governatore ha “parlato”. Politicamente, la figura emergente è Mario Conte: all’inizio del 2018 aveva solo il fedelissimo Manera, ora ha truppe bel oltre il capoluogo. E soprattutto la “benedizione” di Salvini, ratificata a Pontida. Scenari e assetti nuovi, da qui, forse, al 2021. —
Andrea Passerini
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