I monarchici trevigiani «Così ritorna un sogno»
Tre anni fa la ricostituzione della delegazione, ferma per mancanza di iscritti Ora l’arrivo della salma di Vittorio Emanuele III: «Deve riposare al Pantheon»

Nelle loro parole non solo romantica nostalgia. Talvolta, il sogno ardito di una rinascita che si trova a fare i conti con gli errori – e gli orrori – che hanno segnato il Novecento. Ora che la salma di re Vittorio Emanuele III è rientrata in Italia e riposa nel santuario piemontese di Vicoforte, accanto a quella della regina Elena, è come se qualcuno avesse tolto la polvere a quel grande contenitore che è la storia. Si riaprono ricordi e ferite profondi. E l'Italia si riscopre – se possibile – divisa pure tra fautori o meno della Repubblica. Gli eredi dei reali chiedono la sepoltura al Pantheon. Insorgono i partigiani e gli ebrei – nonché buona parte della società civile – chiedendo di non concedere l’onore del Pantheon nazionale a chi avallò l'incarico di presidente del Consiglio a Benito Mussolini, firmò le leggi razziali e non riuscì a impedire al Duce la seconda guerra mondiale.
Sentimenti contrastanti, ma anche nella Marca in questi giorni riprendono coraggio i monarchici che ai balconi hanno issato le bandiere sabaude. La cosa che più sorprende va ricercata all'anagrafe.
Tra i sostenitori del re nella Marca ci sono anche studenti e neolaureati che hanno studiato il Risorgimento sui libri di storia e hanno maturato l’idea che l'Italia possa restituire ai Savoia la corona perduta.
«Nel 2014 la delegazione di Treviso è rinata dopo un periodo in cui mancava il numero minimo di iscritti. Tra i partecipanti c'è anche un ragazzo di 17 anni che sta aspettando la maggiore età per entrare nel gruppo. Diverse persone fanno domanda, anche di mezza età, e poi c'è la nostra spina dorsale: i 70enni che hanno visto con i loro occhi la caduta della monarchia», racconta entusiasta Alberto Cannaò, 27enne delegato dell'Istituto nazionale per la guardia d'onore alle reali tombe del Pantheon per Treviso e Belluno. È stato lui, insieme al coetaneo Alessio Trentin, da poco eletto consigliere nazionale dell'Unione Monarchica Italiana (Umi), a dare impulso alla
nouvelle vague
trevigiana. «L'essere monarchici è un modo di vedere la situazione, noi non disconosciamo le leggi italiane, ma coltiviamo una speranza nel cambiamento istituzionale, poiché la situazione della Repubblica italiana vede alternarsi governi incapaci di creare leggi che non siano legate a interessi personali e un Parlamento che non riesce a scegliere», sostiene Cannaò, citando il buon funzionamento di alcune monarchie europee, come il Belgio e la Gran Bretagna. Per giustificare una eventuale ondata monarchica nel Bel Paese si tira in ballo il passato. «Il problema è che l'Italia ha paura di ricordare la monarchia. Lo si vede alle commemorazioni per i 150 anni della Grande Guerra, dove si dimentica che la bandiera per cui si combatteva era quella sabauda al grido di “Avanti Savoia”» sottolinea Cannaò. «Vittorio Emanuele III viene considerato il re del fascismo, ma non si ricorda mai che sua figlia, la principessa Mafalda, è morta nei campi di concentramento in Germania, quindi anche la famiglia reale è stata, almeno in parte, vittima dell'aggressività di Hitler e Mussolini», dice.
Dello stesso avviso lo scrittore Emilio Del Bel Belluz che nel 1983 partecipò ai funerali di re Umberto II in Francia. All'ingresso di casa sua sventola la bandiera sabauda, un omaggio al nonno che combatté con Garibaldi. «Sono felicissimo che siano tornati Vittorio Emanuele III ed Elena, la mamma dei poveri, una donna straordinaria che visse sempre dando ai più bisognosi. Rispetto i partigiani ma rispettiamo anche gli altri. Quando vado al cimitero saluto tutti i morti per la Patria. Il 25 aprile onoro i caduti della Repubblica di Salò, metto su ogni tomba una poesia, spesso le trovo calpestate. Nel mio paese a Villanova le tombe dei partigiani hanno i nomi cancellati, li vorrei mettere a posto, un pensiero va dato a tutti. Non esistono buoni solo buoni e cattivi solo cattivi», dice Del Bel Belluz.
La linea del tempo va avanti e nel recente passato i Savoia non si sono certo distinti, se non per comparsate televisive frivole e fatti di cronaca nera, con Vittorio Emanuele condannato dopo aver sparato a un turista in Corsica. Il ritorno al trono sembra una inafferrabile utopia. «Re Faruq diceva che i sogni o tornano subito o non si ricordano più. Credo che siamo nella seconda circostanza», replica Del Bel Belluz. Per Cannaò il problema non è tanto la forma istituzionale quanto l'amor di Patria. «L'Italia soffre perché manca l'affetto verso le istituzioni che c'era ai tempi della monarchia. Gli italiani di oggi sono fieri di esserlo solo quando vince la nazionale di calcio. Aveva ragione Churchill quando ci descriveva come quelli che perdono le partite di calcio come fossero battaglie».
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