I familiari di Remo Sernagiotto «Nostro padre sia processato»

/ nervesa
Il nome di Remo Sernagiotto, l’ex europarlamentare deceduto a fine novembre scorso, rimane nel ruolino degli imputati del processo Ca’ della Robinia. Lo vogliono i figli, la moglie e il suo legale, l’avvocato Fabio Crea, che credono nell’innocenza dell’ex assessore regionale e vogliono che venga attestata con una sentenza dai giudici del collegio chiamato a esprimersi sul processo che vede ora alla sbarra Mario Modolo, dirigente dei servizi sociali della Regione, Giancarlo Baldissin, proprietario dell’ex Disco Palace (difeso dall’avvocato Massimo Benozzati), Egidio Costa (difeso dall’avocato Lorenzo Zanella) e Pierino Rebellato (avvocati Elisa Berton e Otello Bigolin), rispettivamente consulente finanziario e consigliere della società cooperativa poi fallita. Le accuse contestate, a vario titolo, vanno dalla truffa aggravata per il conseguimento di contributi pubblici alla corruzione.
Se, normalmente, la morte di un imputato chiude il processo in corso con sentenza di non doversi procedere per la morte del presunto reo, nel caso di Sernagiotto si arriverà comunque ad una sentenza. «Ciò è possibile nel perimetro di una declaratoria di assoluzione per evidenza della prova difensiva», dice l’avvocato Fabio Crea. Se non dovesse essere assolto l’operato dell’ex europarlamentare sul caso di Ca’ della Robinia i giudici lo proscioglieranno comunque con sentenza di non doversi procedere per morte del reo, ma chiaramente va sottolineato il coraggio della famiglia nel voler affrontare il processo nella convinzione di dimostrare l’innocenza di Sernagiotto.
Nel frattempo, nel corso dell’udienza di ieri sono stati sentiti diversi testimoni. Tra questi il consulente della pubblica accusa, Paola Strasser, che in aula ha ricostruito l’iter che ha preceduto il finanziamento del progetto di Ca’ della Robinia e i successivi passi che hanno comunque portato a concretizzare in progetto totalmente diverso a quello della fattoria didattica.
Secondo la consulente del pubblico ministero Gabriella Cama, il progetto della fattoria didattica doveva essere bocciato in quanto l’attività prevista dalla fattoria non avrebbe avuto una redditività sufficiente da consentire la restituzione del finanziamento elargito dalla Regione Veneto.
Sulla relazione di Strazzer, a margine dell’udienza, il legale di Baldissin, l’avvocato Massimo Benozzati, precisa: «Il consulente del pubblico ministero ha confermato che alla data della presentazione della domanda di partecipazione al bando, Baldissin non aveva nessuna carica e neppure era socio della cooperativa. Circostanza questa che ancora una volta dimostra l’estraneità alle accuse avanzate dalla procura della Repubblica nei confronti del mio assistito». —
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