Graffiti sul treno, writer assolto

Difetto di querela: non pagherà i 25 mila euro chiesti da Trenitalia
Di Fabio Poloni

Dopo aver dipinto (o imbrattato, dipende dai punti di vista) alcuni vagoni dei treni, rischiava una condanna pesante e un risarcimento danni a Trenitalia da 25 mila euro. Niente di tutto ciò: il giovane writer Paolo Pinter l’ha schivata del tutto, vedendo le accuse nei suoi confronti (danneggiamento) cadere per difetto di querela. Un vero colpo di scena, dopo che un suo “socio” era stato condannato a 15 mesi per danneggiamento aggravato.

Dipingere i vagoni dei treni, secondo il giudice, non significa danneggiarli. Imbrattarli sì, ma non è la stessa cosa: grazie a questa differenza non proprio sottile, il writer Paolo Pinter è uscito pulito da questa storia. Puliti, invece, non erano usciti i vagoni presi di mira dall’artista di strada: Trenitalia lo aveva denunciato e si era costituita parte civile nel processo contro il giovane.

Il giudice ieri ha disposto il non luogo a procedere nei confronti del trentenne di Trento, finito a processo per rispondere dell’accusa di danneggiamento aggravato. Conosciuto nel mondo della street-art come “Renè”, l’imputato è stato praticamente assolto per un difetto di querela. I suoi disegni hanno viaggiato in lungo e in largo sui binari del Nordest, ma ciò non ha danneggiato Trenitalia come cercava di dimostrare l’avvocato di parte civile. «Se il colore copre i contrassegni di riconoscimento del vagone, per legge non possono circolare prima di essere ripuliti»: partendo da questo presupposto, Trenitalia aveva chiesto un risarcimento danni di 25 mila euro. L’avvocato difensore di Pinter, Elena Biaggioni, ha però dimostrato (con la testimonianza di un perito) che i vagoni sono ricoperti da una speciale pellicola, e di fatto lavabili. Inoltre, Trenitalia avrebbe effettuato le pulizie diversi mesi dopo la realizzazione dei graffiti, segno evidente che non c’è stato impedimento alla circolazione. Insomma, Pinter non poteva essere perseguito per danneggiamento (il fatto è stato infatti riqualificato dal giudice) e non era presente una regolare querela per imbrattamento.

Era andata decisamente peggio al “collega” di Pinter, il trevigiano Francesco Bertocchi, in arte “Secse”: i due erano stati iIdentificati nel settembre 2010 e denunciati dalla polfer. Bertocchi qualche mese fa è stato condannato a un anno e tre mesi per danneggiamento aggravato. Con una strategia diversa, Pinter se l’è cavata con un colpo di spugna. Anzi, di bomboletta.

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