Gli amici: «Cesare, ci mancherai»

La tragedia in montagna, lutto a Silea. Il ricordo dei “Logorai”, gli scialpinisti del Cai. Venerdì l’addio

SILEA. «Cesare, ma per noi Logorai Cesarone, non c'è più. La sua amata montagna se l'è preso. La sua amata montagna ci lascia il suo vuoto. Ci mancherà». Cesare Vendrame, l'escursionista morto venerdì lungo il sentiero sotto la parete del Formenton, vicino a Falcade, era uno dei “Logorai”, il gruppo di scialpinisti del Cai di Treviso. Ieri gli amici con cui il quarantanovenne di Silea, di professione tecnico di macchine per ufficio, aveva condiviso tante avventure sulle nevi delle Dolomiti gli hanno voluto tributare l'ultimo, commosso saluto con le parole del cuore. La compagna di Vendrame, Alessandra Cappelletto, è sotto shock. «Non ci crede ancora, è sconvolta», dicono alcuni conoscenti. A Silea si stanno organizzando i funerali dell’escursionista, appassionato anche di mountain bike. Con tutta probabilità l'ultimo saluto sarà venerdì mattina a Silea, paese dove il quarantanovenne abitava in viale della Libertà. Sono queste ore difficilissime anche per i tre amici trevigiani che venerdì erano in montagna assieme a Vendrame. «La scarica di sassi che ha centrato Cesare non si sa davvero da dove sia partita. Nessuno se la sarebbe aspettata», continuano a ripetere a chi chiede loro di quegli attimi. Venerdì il gruppo di quattro escursionisti era partito da Treviso di prima mattina, destinazione il Formenton. L'idea dell'escursione era nata da uno del gruppetto, poi era stato coinvolto anche Cesare. Dovevano rientrare per sera. Si erano informati, prima di salire in quota, come fa qualsiasi escursionista responsabile. Quel sentiero veniva definito non eccessivamente pericoloso. Verso le 11, il dramma. Vendrame era avanti, i tre amici più indietro. All'improvviso, i tre hanno sentito un boato. Erano i sassi che avevano centrato il quarantanovenne. «Abbiamo accelerato la marcia, ma quando siamo arrivati lì abbiamo trovato solo le sue bacchette per camminare e la bandana», ha raccontato uno dei tre. Il resto della vicenda è triste cronaca: l'individuazione del corpo in un canalone duecento metri più sotto, il recupero della salma con l'elisoccorso. Intanto la notizia balenava a Silea e tra i tantissimi amici del Cai. Ed è proprio il presidente della sezione di Treviso, Sergio Mari Casoni, a lanciare un monito. “Siamo di fronte a una grande tragedia, ma per favore, non colpevolizziamo la montagna. Quando andiamo in quota, sappiamo i rischi che corriamo. Se arriva una scarica di sassi, possono non bastare tutte le precauzioni. Si è trattato di una terribile fatalità».

Rubina Bon

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso