Gli alpini piangono Francesco Zanardo

Dal 1960 non aveva mancato un’adunata. Preparava l’appuntamento di Pordenone di domenica, ma alla vigilia il cuore lo ha tradito. E ieri all’alba ha «mandato avanti» l’alpino Francesco Zanardo, anima dell’Ana, imprenditore e antiquario, uomo di cultura, sportivo, appassionato custode di storia e memoria cittadina, organizzatore del raduno nazionale 1994 a Treviso, evento che la città conserva nel cuore ancor oggi, 20 anni dopo.
Aveva 76 anni, Zanardo. Un’istituzione, non solo nel mondo degli alpini. Lo piangono bocia e veci trevigiani: sottotenente della compagnia comando del battaglione Feltre del 7° reggimento Alpini «Cadore», è stato presidente della sezione Ana di Treviso (91 gruppi, da Castelfranco a Motta), dal 1999 al 2000, e capo del comitato organizzatore dell’adunata 1994. Con orgoglio, Zanardo ne rivendicava il successo: «In molti erano scettici, ne temevano l’impatto sulla città medievale», soleva dire, «fu un’impresa titanica. Ma tutti poi riconobbero che era stato tra i raduni più belli e meglio organizzati».
Penna nera «dentro», uomo di valori forti e profondi, Zanardo era uomo versatile, di spiccata sensibilità, dai mille interessi. Il suo impegno per la comunità, a Mogliano e a Treviso (dove si era inserito perfettamente), lo ha visto attivissimo nel volontariato, nella politica (consigliere comunale per la Dc a Mogliano), nell’associazionismo (presidente del coro Stella Alpina, e «anima» della Società Iconografica, socio della Congrega per il recupero delle tradizioni trevisane), nello sport (aveva giocato e fondato il rugby Mogliano). E il Portello Sile, in viale Tasso, voluto fortemente con l’Ana: Francesco l’aveva trasformato in un attivissimo centro culturale.
Era nato, quarto di 7 fratelli, in una Mogliano allora trevigianissima, in una famiglia nota in mezzo Veneto. Papà Pietro Vittorio gestiva il bar pasticceria «Venezia», immortalato da Berto ne «Il cielo è rosso». Sarà Francesco a raccogliere l’eredità paterna, fino al 1977, quando cede l’attività e si trasferisce a Treviso. Si dedica alla tipografia e all’editoria, fondando la « Castello d’amore», casa editrice che pubblicherà prestigiosi volumi sulla storia e la cultura trevigiana, sulle tradizioni della città e della Marca. Apre un negozio di antiquariato al Battistero, gestito per anni. Una passione ereditata dal padre. «Non sappiamo se avesse ancora posto, nella casa in via Cadore», dicono fratelli e sorelle, «oltre alle raccolte aveva oggetti fin sotto il letto...». Collezioni, raccolte di opere d’arte o di oggetti quotidiani erano per lui memoria viva. Cercava instancabilmente piccoli e grandi «tesori». E al Portello Sile, di cui era responsabile del comitato di gestione, proponeva da 15 anni mostre che erano autentiche chicche: arte e memoria del territorio, illustrazioni, storia grande e piccola, oggetti, comuni e non, sport. L’ultima idea? Una mostra di antiche sveglie: sarà il sodale Paolo Raccanelli a portarla avanti. Nel 2009, sull’inseparabile bici, era stato investito vicino a casa da un’auto; gravemente ferito, aveva lottato con la morte. E non era rimasto segnato nello spirito, indomabile. Zanardo lascia la moglie Marta, i figli Mattia, giornalista, e Rebecca, le sorelle Luisa, Lucia e Paola, il fratello Agostino, già sindaco di Mogliano. E i suoi alpini. «Sfileremo con il cuore in lacrime», dice Adriano Giuriato, pilastro dell’Ana cittadina. «Non riesco a pensarlo senza il suo cappello alpino, in mezzo a mille cappelli», aggiunge commosso Roberto Loschi. Il suo cappello, ora, potrebbe sfilare a Pordenone. Domani l’addio, alle 15, nella chiesa di S.Maria Maddalena: sarà poi cremato, e tornerà a Mogliano.
Al collega Mattia e alla famiglia Zanardo le condoglianze più sentite di tutta la redazione de «la Tribuna di Treviso».
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