Debby Line devastata dal rogo: nessun dolo, il giudice archivia

Le fiamme distrussero il polo logistico di abbigliamento e calzature di Cusignana nel 2023. L’indagine sulle cause dell’incendio senza esiti: non ci sono acceleranti né moventi

Marco Filippi
L’impressionante nube di fumo che si alzò dal polo logistico della Debby Line
L’impressionante nube di fumo che si alzò dal polo logistico della Debby Line

Non fu un rogo doloso quello che il 4 aprile del 2023 distrusse diecimila dei circa 18 mila metri quadrati su cui si estendeva la Debby Line, azienda logistica di Cusignana di Giavera nel settore dei capi d’abbigliamento e delle calzature. A stabilirlo sono state le indagini dei vigili del fuoco. Due, in sintesi, le ragioni che hanno portato il giudice Cristian Vettoruzzo a disporre l’archiviazione del caso, accogliendo così la richiesta del pubblico ministero Giulio Caprarola, titolare dell’inchiesta: nel capannone distrutto dal fuoco non furono trovate tracce di acceleranti e le intercettazioni telefoniche a carico di proprietario, dipendenti e “possibili nemici” non fornirono agli inquirenti alcuno spunto investigativo.

La velocità e la violenza con cui, quel pomeriggio, si propagarono le fiamme avevano inizialmente indotto i vigili del fuoco a ipotizzare l’origine volontaria del rogo alla Debby Line, tanto che la Procura della Repubblica di Treviso aprì un fascicolo per incendio doloso a carico di ignoti. A incendio spento, iniziarono i sopralluoghi e i rilievi per cercare di individuare le cause del devastante rogo. I vigili del fuoco del Nia (nucleo investigativo antincendio) si attivarono per cercare di individuare la zona da dove era partito l’impressionante inferno che distrusse più di metà del magazzino dell’azienda logistica di Cusignana.

Il rogo divampò dal centro del capannone e da lì espanse nel resto dei diecimila metri quadrati circostanti. A stupire fu la velocità con cui il rogo si propagò: impressionante, sebbene le fiamme avessero avuto vita facile sul materiale lì stoccato. Oltre all’abbigliamento e alle scarpe, anche le scatole di cartone per il confezionamento dei prodotti. Un altro dato complessivo, che non si poteva sottovalutare, è che nella Marca Trevigiana, nel giro di poco più di un anno, erano andate a fuoco quattro aziende logistiche, tanto da indurre gli investigatori ad ipotizzare che vi fossero organizzazioni criminali di un certo spessore dietro a quegli incendi.

I pompieri effettuarono dei prelievi di campioni all’interno del capannone distrutto per capire se le fiamme fossero state alimentate da acceleranti come alcol o benzina. Ma gli esiti delle analisi di laboratorio furono inequivocabili: nessuna traccia di acceleranti. Un dato fondamentale, questo, per l’esito delle indagini anche perché s’era inizialmente ipotizzato che, per bruciare così rapidamente, nell’azienda logistica vi fossero stati più punti d’innesco. Impossibile, quindi, non lasciare tracce nel capannone.

Da parte loro, i carabinieri della compagnia di Montebelluna non riscontrarono, durante le indagini, elementi a carico del proprietario della Debby Line, dei dipendenti oppure di nemici dell’azienda che potessero avere interesse a distruggerla con un incendio. Questo lo si evinse dalle intercettazione telefoniche cui furono sottoposti gli indagati a loro insaputa.

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