Genio trevigiano tra i progettisti del nuovo iPhone della Apple
Michele Campeotto, assunto dal colosso dell'informatica, si trasferisce nella "Silicon Valley": da Treviso a Cupertino, alla corte di Steve Jobs

Michele Campeotto
VILLORBA. Da Treviso a Cupertino alla corte di Steve Jobs, patron della «Apple». E' il sogno di ogni «smanettone» dell'informatica che si rispetti, e lui, Michele Campeotto, che forse solo da ragazzino era smanettone ma ora è un ingegnere informatico di professione, ci è riuscito. Ora vive a Vilorba in una casetta circondata da ville, qualche capannone e alcuni campi, da metà novembre sarà circondato da cervelloni, e da marche che cambiano il mondo. Da una parte Intel, dall'altra Ibm, in mezzo Google, Yahoo e Hp. La Silicon Valley a sud di San Francisco, capitale tecnologica del mondo, diventerà la sua casa, e lo resterà finche «loro mi vorranno e io lo vorrò» puntualizza Michele.
Trentatre anni, laureato in ingegneria informatica nel 2001, ha prima lavorato in e-tree poi ad H-Farm, una delle fucine dell'innovazione che anche il Nord Est può vantare. Poi a gennaio la scommessa. Michele manda un curriculum alla Apple di Steve Jobs (colosso dell'informatica col simbolo straconosciuto della «mela»), senza crederci più di tanto. Come una bottiglia nel mare degli aspiranti programmatori di uno dei colossi mondiali dell'informatica. «L'ho fatto senza nutrire alcuna speranza. E' una di quelle cose che fai tanto per non avere rimpianti, giusto per provare - racconta Michele - tra l'altro l'idea non è nemmeno stata mia. Un amico l'anno scorso stava facendo uno stage lì e mi ha consigliato di mandare il curriculum».
Dopo appena tre settimane, però, a stretto giro di posta, è arrivata la risposta. Anzi la domanda, visto che «mi hanno chiesto se ero ancora interessato e se volevo fare dei colloqui per un lavoro». Michele Campeotto ovviamente non si è fatto ripetere due volte la stessa domanda e ha accettato. Da quel momento è iniziata una durissima selezione. Michele ha superato otto colloqui telefonici, e poi è stato invitato nella sede di Apple a Cupertino per una settimana di test. A contendersi Michele erano infatti addirittura due team. Alla fine lavorerà allo sviluppo del software per l'iPhone di ultima generazione della Apple.
Preoccupato per la responsabilità? No, Michele Campeotto non vede l'ora di cominciare. «Non ho alcun timore, perché dovrei averlo? C'è solo da essere contenti. Quando sarà e se, si presenteranno dei problemi, li risolverò di volta in volta. Il cambiamento è grande, lavorare nella Silicon Valley per un'azienda così e vivere a San Francisco sono cose cose di cui fino a poco tempo fa avevo solo sentito parlare. Adesso le vivrò in prima persona. Sì, sarà una bella esperienza».
Chi resta, avrà il rimpianto di un altro «cervello in fuga». Ormai sono tanti, anche nella Marca. Con sé Michele porterà di certo la sua amata bicicletta (tra l'altro San Francesco è una delle poche grandi città americane «gentili» con i ciclisti) e le sue inseparabili macchine fotografiche, che sono l'altra sua grande passione. Lo scatolone dei sogni per il momento invece lo lascerà a casa, a Villorba. Perchè uno di quelli che c'erano lì dentro, ora lo sta per realizzare davvero.
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