Gea: adesso la cassa, poi la chiusura
La maglieria di Cimadolmo in liquidazione per evitare il fallimento I sindacati: colpa dei mascalzoni che non pagano, l'impresa è sanissima

La Gea di Cimadolmo
Concessa ieri la cassa straordinaria per i 28 dipendenti dei Confezioni Gea Maglia di Cimadolmo. Ma l'azienda, terminato il periodo di copertura, chiuderà l'attività. E' di ieri l'annuncio della liquidazione della società, che produceva abbigliamento in lana con marchi proprio e in conto terzi. Afra Lucchetta e i figli Algeo, Daniele e Armando Bonaldo, hanno deciso quindi di spegnere le luci a fine 2011, come annunciato ieri in Provincia al momento della firma dell'ammortizzatore. «Una decisione sofferta ma inevitabile - spiega Italo Zanchetta (Filctem-Cgil) - la società ha sempre pagato tutti gli stipendi senza lasciare indietro nessuno. Purtroppo tra i rincari della materia prima e il problema dei crediti, la famiglia ha deciso di lasciare prima di rischiare un fallimento. La vera difficoltà di questi mesi è la riscossione dei crediti, divenuta insostenibile. In giro ci sono troppi "mascalzoni" che comprano e non pagano, lasciando a terra chi lavora onestamente. Anche in questo caso viene messo in discussione il futuro di 28 famiglie: dovranno trovarsi un'alternativa». Ad abbassare le speranze di vita dell'impresa ci ha pensato poi il rincaro fuori misura della materia prima: il cachemire rimbalzato del 100% nell'ultimo anno, il cotone del 40%. Non sono bastati i due anni di ammortizzatori a singhiozzo con cui Gea era riuscita a mantenere legati a sé tutti i dipendenti. Per loro, oggi, 12 mesi di ammoritzzatori, poi la mobilità. «Il tessile è in crisi da anni - continua Zanchetta - ma questo caso presenta caratteristiche diverse rispetto a molti altri succedutisi negli ultimi tempi. Qui l'azienda era sana sul fronte del lavoro: la fabbrica di Cimadolmo è al passo con i tempi, dotata di macchinari di ultima generazione e di lavoratori con buona professionalità». Nelle scorse settimane è stato dato avvio ad una fase di confronto tra i sindacati e proprietà, che non esclude però spiragli per il futuro. «Ci hanno detto di essere disponibili a cedere l'azienda o quantomeno i marchi, e che si impegneranno per poter trovare qualche investitore che possa farsi carico di una tale operazione». (e.l.t.)
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