È morta a Roma Manuela Perroni Berto Compagna negli anni del “Male oscuro”

La moglie di Giuseppe è mancata a 87 anni. Con la figlia Antonia è stata l’anima del premio intitolato allo scrittore 

MOGLIANO

È morta nella sua casa di Roma, per le complicanze di una brutta caduta, Manuela Perroni Berto, vedova del celebre scrittore moglianese Giuseppe Berto. Aveva 87 anni e il decesso è avvenuto giovedì, in presenza della figlia Antonia, che era tornata nei giorni scorsi dagli Stati Uniti proprio per prendersi cura della madre. La notizia è stata accolta con profondo cordoglio anche a Mogliano, dove Manuela Perroni Berto lascia un vivido ricordo del suo tenace attivismo per onorare la memoria dello scrittore.

È infatti grazie anche al suo impegno che nel 1988 fu fondato il premio Berto, ad oggi il più importante riconoscimento letterario per opere prime in campo narrativo. La sua determinazione si rese necessaria nuovamente nel 2011 quando le amministrazioni coinvolte, il comune di Mogliano, città natale dell’autore, e Ricadi, comune scelto da Giuseppe Berto come “rifugio” della sua tormentata anima, non si dimostrarono in grado di sostenere economicamente questo ricorrente evento culturale. Nel 2013 Manuela e la figlia Antonia, con il determinante impulso dell’ex sindaco di Mogliano Diego Bottacin e dell’editore Cesare de Michelis, rifondano il premio affidandone l’organizzazione all’Associazione culturale Giuseppe Berto. Nelle ultime edizioni, compresa quella del 2018, a quarant’anni dalla morte dello scrittore moglianese, il compito di rappresentare gli eredi è sempre stato assolto dalla figlia Antonia.

Un’ideale testamento culturale, un Giuseppe Berto vissuto attraverso il filtro e lo sguardo di chi per anni gli fu accanto, è offerto da una rara e bella intervista che nel 2016 Manuela Berto concesse a Mario Cicala per il Venerdì. Traspare l’ambientazione di quella borghesia romana che l’aveva coccolata (la moglie del padre di Manuela discendeva da una dinastia russa citata in Guerra e pace) ed emerge con forza tanto l’insofferenza verso la critica letteraria di sinistra che per anni oscurò i meriti del marito («La mafia di Moravia» è l’espressione cruda che viene riportata), quanto per l’epiteto con cui lo stesso Berto ebbe a definirla nel suo capolavoro: «Nel libro sono la ragazzetta, come avrei potuto riconoscermi in quella stronza?» (altro eloquente passaggio dell’intervista). Viene da immaginarsi un rapporto burrascoso in vita e altrettanto devoto negli anni successivi alla morte, nei quali Manuela Berto si impegna anche come curatrice di volumi di approfondimento letterario sullo scrittore.

Si erano conosciuti a Roma, in piazza del Popolo, nei primi anni ’50, si sposarono nel ’54 e Manuela, 18 anni più giovane di lui, accompagnò Giuseppe Berto nelle diverse tormentate fasi di stesura del “Male oscuro”. «Moglie appassionata, madre e nonna premurosa, donna tenace, schietta e sincera» è il pensiero di Diego Bottacin, attuale presidente dell’associazione culturale Giuseppe Berto «Sono tanti i ricordi che mi legano a Manuela. Con Antonia, e con tutti i componenti dell’associazione, continueremo la sua opera di divulgazione e promozione di Giuseppe Berto, con il sostegno di quanti lo hanno conosciuto oppure apprezzato come scrittore». Al ricordo e alla promessa di Bottacin si aggiunte quella del sindaco di Mogliano Davide Bortolato, «nell’esprimere alla figlia Antonia, alla nipote Giulia, alla famiglia tutta le più sentite condoglianze, l’amministrazione ribadisce con ancora maggior forza l’intenzione, affiancando la famiglia, di raccogliere il testimone di Manuela nel continuare a prodigarsi nel recupero della memoria dell’opera letteraria di Giuseppe Berto, fino a quando non gli verrà riconosciuto unanimemente il giusto posto che merita nel quadro della letteratura italiana del ‘900».

Tra i tanti aneddoti biografici, sulla vita di Manuela Berto, c’è anche la testimonianza diretta del bombardamento di Treviso del 7 aprile 1944: prima di conoscere il suo futuro marito trevigiano, in tempo di guerra era ospite di amici su una villa lungo il Sile, si stava recando a Venezia quando fu costretta a proteggersi dalle bombe in un rifugio ricavato nel cavalcavia della stazione ferroviaria. Fu un episodio avventuroso, così come lo fu la vita del futuro marito che conobbe negli anni a venire, rimanendone legata a vita. —

Matteo Marcon

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