Due carabinieri trucidati a Padova Una ferita aperta quarant’anni dopo

Domani ricorre l’anniversario dell’uccisione di Codotto e del trevigiano Luigi Maronese da parte di terroristi neofasciti
Gilberto Cavallini con l’amico giornalista Massimiliano Mazzanti (D) durante una pausa del processo a Bologna, 09 Gennaio 2020. ANSA/GIORGIO BENVENUTI
Gilberto Cavallini con l’amico giornalista Massimiliano Mazzanti (D) durante una pausa del processo a Bologna, 09 Gennaio 2020. ANSA/GIORGIO BENVENUTI



Ora sarebbero entrambi a godersi una meritatissima pensione, dopo una vita di servizio da carabiniere. Invece da quarant’anni esatti riposano nella terra di un cimitero: da quella notte di giovedì 5 febbraio 1981 in cui entrambi caddero vittime di un commando di terroristi neri sul Lungargine Scaricatore a Padova. Enea Codotto, di Latisana (Udine), classe 1955, e Luigi Maronese di Carpesica di Vittorio Veneto, 24 anni, hanno pagato con la vita uno dei più truci capitoli della sanguinosa lunga stagione degli anni di piombo.



Quarant’anni fa. Al comando carabinieri di Padova arriva la telefonata di un cittadino il quale segnala che alla periferia sud-est della città, lungo l’argine che costeggia il canale Scaricatore nel quartiere Bassanello, un gruppo sospetto di sei individui sta trafficando sulla sponda, e uno di loro in tenuta da sub si sta immergendo in acqua. Sul posto viene inviata una pattuglia al comando di Codotto; Maronese è alla guida. Giunta sul posto, sorprende il gruppo ancora in azione, intento al recupero di un borsone pieno di armi, munizioni e documenti, che in precedenza era stato nascosto sul fondo dello Scaricatore. Ne nasce un conflitto a fuoco: Codotto riesce a ferire uno dei terroristi, ma subito dopo viene colpito a morte. Anche il suo collega Maronese viene ucciso.



Le indagini portano a individuare i componenti del commando. Sono i fratelli Cristiano e Valerio “Giusva” Fioravanti (quest’ultimo ferito nella sparatoria, entrambi condannati anni dopo come autori materiali della strage della stazione di Bologna del 2 agosto dell’anno precedente), Francesca Mambro, Gilberto Cavallini, Giorgio Vale e Gabriele De Francisci. Terroristi neri aderenti ai Nar, Nuclei armati rivoluzionari, organizzazione di ispirazione neofascista nata a Roma nel 1977 e che di fatto termina la sua parabola con quel sanguinoso episodio padovano. Ma in quei quattro anni fa a tempo a macchiarsi di 33 omicidi, per i quali verranno condannati i fratelli Fioravanti, la Mambro e Luigi Ciavardini. I Nar teorizzano lo spontaneismo armato nazional-rivoluzionario, e segnano un punto di svolta nell’ambito dell’eversione nera, col disconoscimento del passato golpista e stragista dei vecchi fascisti di Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Ordine Nero, e con l’allontanamento dalle logiche del neofascismo missino, considerato di sterile contrapposizione ai giovani militanti di sinistra, scegliendo di impugnare apertamente le armi contro lo Stato.



Un anno prima, alcuni degli stessi componenti del gruppo in azione sullo Scaricatore si sono resi protagonisti di un altro clamoroso gesto terroristico sempre a Padova: stavolta in pieno centro, nella sede del Distretto militare di via Cesarotti, di fronte alla basilica del Santo. Succede domenica 30 marzo 1980, quando un commando di sette persone assalta il Distretto: legati i quattro soldati di guardia, gli incursori si impossessano delle armi custodite nei locali (quattro mitragliatrici, cinque fucili automatici, pistole e munizioni varie), e feriscono il sergente Gabriele Sisto, sparandogli a una gamba. Sul muro esterno viene tracciata la stella brigatista, ma il tentativo di depistaggio viene subito smascherato: del commando fanno parte in realtà tre nomi di primo piano del terrorismo nero dei Nar, Giusva (Giuseppe Valerio) Fioravanti, Francesca Mambro e Gilberto Cavallini. Che, come abbiamo visto, ritroveremo un anno dopo , sullo Scaricatore, a seminare morte. È una delle peggiori varianti nere degli anni di piombo, che hanno avuto il loro epicentro in Veneto, specie nella seconda metà degli anni Settanta: dove nel complesso, tra il’77 e il ’79, si verificano 1. 197 atti di violenza eversiva, 708 dei quali nella sola Padova (447 attentati, 132 aggressioni, 129 tra rapine ed espropri). —



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