Droga e villa liberty per il boss ex Mala del Brenta

PADOVA. È nato nel Piovese, ha fatto parte della banda di Felice Maniero, ha commerciato armi ed esplosivi e ora è passato alla droga. Cocaina pura per i ricchi ma anche eroina da fumare per i giovani. Non c’erano spacciatori tunisini in questo business clandestino, c’erano invece numerosi ma selezionati clienti: avvocati, imprenditori, manager ma anche commercianti e gestori di locali. Roberto Mengardo, 40 anni, di Brugine, era la mente di un clan con contatti difficili anche da immaginare. Dai canali di rifornimento ai consumatori finali, il livello era altissimo. E Mengardo, da buon piovese ed ex della banda Maniero, aveva pensato di manifestare tutta la sua potenza con una immensa villa liberty a Brugine in via Papa Luciani. L’immobile mercoledì mattina è stato sequestrato al termine delle perquisizioni. Stavolta sono finiti in manette in cinque.

Un gruppo organizzato. Gli investigatori del vicequestore aggiunto Giorgio Di Munno hanno incastrato Roberto Mengardo, 40 anni, residente a Brugine in via Paolo VI 6, ex armiere della banda di Felice Maniero, soprannominato “il biondo”; Giuseppe Fornaro, 41 anni, residente a Piove di Sacco in via Montagnon 21; Alan Paggiarin, 35 anni, residente a Mestre in via Pezzana 3, motoscafista, figlio di un ex della Mala; Marianna Bello, 39 anni, residente a Brugine in via Roma 43; Marina Sarto,54 anni, residente a Fossò in via Fogarine 30.
Il gruppo era organizzato, ognuno aveva un ruolo ben definito. Mengardo era il capo indiscusso, capace di far arrivare in Italia chili di droga attraverso la rotta balcanica: capace soprattutto di individuare le tendenze di un mercato (quello della droga) in continua evoluzione. Il suo era un giro di clienti esclusivo ma al giorno d’oggi anche i ricchi non si accontentano più solo della cocaina. L’eroina è tornata prepotentemente alla ribalta perché la fumano, la sniffano e la usano per tagliare altre sostanze. Dunque nessun problema, grazie ai contatti con i clan albanesi riusciva a far arrivare anche quella. Giuseppe Fornaro era indiscutibilmente il braccio destro del capo, l’unico in grado di parlare a suo nome. Paggiarin li aveva conosciuti in quanto assiduo cliente ma con gli anni si era guadagnato un certo credito e quindi era entrato a far parte della banda. Poi c’erano le donne. Marianna Bello aveva messo a disposizione un garage di casa sua e l’aveva trasformato in deposito: i grossi carichi, prima di essere smerciati, passavano da casa sua. Marina Sarto, invece, era la cassiera: in casa sua gli investigatori della Squadra mobile hanno sequestrato 165 mila euro in contanti.

Il blitz all’alba. Cinque le ordinanze di custodia cautelare (tre in carcere e due ai domiciliari) firmate dal gip Cristina Cavaggion su richiesta del pm Federica Baccaglini. All’alba sono scattate le perquisizioni nelle rispettive abitazioni. Secondo quanto accertato dai poliziotti della Questura di Padova, l’enorme villa liberty in costruzione in via Papa Luciani era stata costruita da Mengardo con i soldi della droga. Tecnicamente è stata intestata a un’altra persona ma di fatto appartiene a lui e soprattutto è il frutto dei suoi traffici di questi anni. Per questo è scattato il sequestro. Nell’abitazione in cui abitava attualmente, in via Paolo VI, hanno trovato un lusso sfrenato con una vera palestra allestita in una enorme taverna. Due anni fa, con l’inizio dell’indagine, la polizia gli sequestrò anche uno yacht. «Gli arresti messi a segno ieri rassicurano perché le reti di trafficanti di morte sono state sgominate» ha commentato il presidente della Regione Luca Zaia.

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