«Dopo vent’anni di oscurantismo oggi la città rinasce»

Quattordici anni di attesa sono tanti. Quasi nessuno ha voluto perdersi la fine dell'esilio forzato di Paolini. Addirittura alle 18 sono arrivate le prime persone per prendersi i posti nelle prime file. Puntuale, alle 20.30, il primo applauso per richiamare l'attore sul palco. ma non ci vuole tanto, giusto due minuti e Paolini e Brunello salgono facendo quasi da scorta a Giovanni Manildo, il sindaco che ha riaperto loro la porta della città.
C'è chi si è portato da casa le sedie per paura di non trovare posto, in molti hanno portato fiori, come l'attore aveva richiesto per dare un segno di nuova vitalità. Fiori di campo, gialli, rossi, di tutto. Anche i topinambur che Paolini cita poco dopo in ricordo del poeta Zanzotto: «Erano i suoi fiori».
Non manca un incidente di percorso iniziale, tipico per una città che si sente sempre molto piccola. Il volume è troppo basso. Dalla loggia dei trecento e da piazzetta Aldo moro urlano: «Volume». Ma poco cambia. Ci riprovano, «Volume». Paolini dal palco «In fondo non si sente?»; «No», «E allora perché rispondi?». Lì si chiude la polemica. In futuro si farà meglio anche su questo.
Ma pochi minuti prima dell'inizio dello spettacolo, tra chi ascolta, il coro è uno solo: «Era ora».
«E' quello di cui c'è bisogno in città», sostiene tra il pubblico Alessandra Gava, «un po' di cultura. Bisogna riportarla nelle piazze, non chiuderla solo nei teatri dove bisogna pagare il biglietto. Dopo vent'anni di oscurantismo ci voleva un appuntamento così».
Quasi tutti hanno letto quello che ha detto lo sceriffo Gentilini su Paolini. Quel «meritava di essere sculacciato» pronunciato in consiglio comunale, dall’ex vicesindaco, che ieri strideva in una piazza gremita.
Quasi nessuno dei commenti alle quelle parole si possono riportare.
«Ogni tanto vuole sentirsi ancora lo Sceriffo, nonostante abbia perso. Si rassegni», è il commento più gentile.
D'altra parte in piazza c'è quella parte di Treviso, che nel salotto della città per gli eventi culturali non ci veniva più da anni.
«Mi chiamo Benito, ma è un nome triste. Speriamo che ora cambi tutto, a partire dalla cultura», è la speranza di Benito Esci.
«Speriamo sia di buon auspicio per il futuro. Le cose devono cambiare a Treviso e da qui si può partire», afferma Vanda. Si respira l'aria della rinascita in questa piazza affollata da oltre tremila persone. Una piazza che non si vedeva da tempo. È lo stesso entusiasmo che altre due volte, negli ultimi mesi, ha vissuto quella stessa parte della città: il giorno della vittoria di Manildo. E poi c’è stato il primo consiglio comunale aperto dal concerto in piazza della Filarmonia veneta. Quel giorno, però, nessuno è rimasto in mutande, com’era successo 14 anni fa quando dovettero protestare per la chiusura del teatro Comunale. E anche ieri, Marco Paolini, la cintura dei pantaloni l'ha tenuta ben stretta.
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