Dopo 83 anni di stampe in città chiude la Tipografia Artigiana

L’anno in cui Dante Cappellazzo mosse le prime macchine per stampare libri, fogli, lettere, il fascismo era il pensiero dominante, il Capodanno era stato abolito e le pubblicazioni venivano passate in rassegna. Era il 1937, da allora dietro le vetrine della Tipografia Artigiana la sua famiglia ha visto passare la storia di Treviso, 83 anni di servizi e di lavoro che ora chiudono battente.
La storica bottega artigiana, una delle ultime nel centro storico, non compirà l’anno nuovo: farà finta che il Capodanno non esista, come se fosse ancora il 37. Così per non soffrire «perché è un dolore» ammette Fernanda Cadamuro, moglie e vedova di Dante che da anni gestisce la tipografia con le figlie, «ma che vuole fare, non ce la facciamo più». Non è stanchezza, non è svogliatezza. È purtroppo il prezzo che pagano le imprese artigiane che la modernità travolge come uno schiacciasassi; e non per cattiveria o cecità, o meglio non sempre, ma perché tropo veloce per confrontarsi con un mondo fatto di attenzioni, eleganza, cura, che ha tempi e costi molto più dilatati rispetto dalle copie replica. C’era una Treviso che chiedeva biglietti da visita con caratteri oro e stampa a pressione, adesso c’è una rete che propone a 5 euro centinaia di “personali” meno belli, ma subito a casa in due clic e pochi spicci. «Difficile competere con un mondo così» aveva ammesso già l’anno scorso una delle figlie di Fernanda. La voce circolava da mesi, ma la Tipografia Artigiana ha sempre deciso di stringere i denti. «Adesso non ce la facciamo più, si chiude» raccontava ieri sera Fernanda sistemando tagli e ritagli chiesti dal circolo dipendenti del Comune di Treviso, guardacaso. Nella bottega l’odore di carta, scaffali e scaffali di fogli e prove di stampa, «un patrimonio. Mio marito ha insegnato l’arte a tantissimi sa?». Che succederà adesso? «Si farà altro, i Cappellazzo faranno altro». Non c’è alternativa? «Guardi, saremmo disposti a metterci a disposizione di chi volesse investire, se ci fosse. Abbiamo una discreta esperienza». E, vien da dire, anche la capacità di ironizzare nonostante il dispiacere. «Abbiamo superato le bombe, siamo rimasti in piedi». Quello fu l’unico momento storico in cui la Tipografia lasciò piazza Pola per trasferirsi temporaneamente a San Lazzaro. E poi tornare. Il ricordo più bello? «Mah, qui abbiamo stampato di tutto, libri, opuscoli, lettere, manifesti. Ma se mi chiede cosa ricordo con più affetto fu il libro che facemmo per la visita di Giovanni Paolo II, 1979. Il libro ce lo commissionarono le suore di clausura di Vittorio Veneto». —
Federico de Wolanski
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