Dipendente della Sole di Oderzo al bar con i permessi sindacali: «Va licenziato»

ODERZO. Un funerale, la spesa, qualche puntatina al bar. Non ci sarebbe niente di male, non fosse che queste attività il delegato Uil della Sole di Oderzo le effettuava durante i giorni di permesso sindacale, quando - articolo 30 dello Statuto dei lavoratori - avrebbe potuto abbandonare il posto di lavoro solo per partecipare alle riunioni o alla loro preparazione. Licenziato in un primo momento dall’azienda, il delegato Franco Zacchi aveva poi vinto il ricorso in Corte d’Appello. Pochi giorni fa, tuttavia, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’azienda: l’operaio andava licenziato. Il motivo del contendere non erano nemmeno le attività poste in essere dall’uomo nei giorni di permesso, quanto la possibilità dell’azienda di farlo seguire da un investigatore privato e di “punirlo” non con la restituzione della paga di quei giorni ma con il licenziamento.
La vicenda. I giorni sono quelli dal 18 al 21 marzo 2014, per i quali Zacchi chiede i permessi sindacali. «Dalle investigazioni - recita la prima sentenza, quella del Tribunale di Treviso del 29 novembre 2016 - risulta che il ricorrente non solo non aveva partecipato ad alcuna riunione del direttivo provinciale, ma non si era neanche mai recato nella sede del sindacato o del patronato. I movimenti riportati nella relazione investigativa lo vedono, infatti, entrare e uscire da casa più volte ma esclusivamente per commissioni di tipo casalingo (come si desume dalle borse della spesa), per finalità di tipo ricreativo (soste in taluni bar), per incombenze comunque private (la partecipazione a un funerale nel pomeriggio del 20 marzo)».
Il licenziamento è stato quindi disposto a causa dell’uso distorto del permesso ex articolo 30: il comportamento del dipendente ha guastato definitivamente «il rapporto fiduciario che necessariamente è implicato nel rapporto di lavoro subordinato». La contestazione, spiega la sentenza della Suprema Corte pubblicata il 20 febbraio, non riguarda l’assenza ingiustificata dal lavoro, quanto «l’utilizzo del permesso per finalità diverse da quelle previste e richieste, con la conseguenza che nel caso di permessi ex art. 23 il datore di lavoro non poteva neppure svolgere alcun controllo, mentre il mancato svolgimento dell’attività sindacale avrebbe al più consentito al datore di chiedere la restituzione delle somme retribuite corrisposte nei giorni in contestazione, senza conseguenze sul rapporto di lavoro».
L’investigatore. «Il dipendente è stato fatto seguire da un investigatore privato» commenta l’avvocato Luisa Celani, legale della Sole di Oderzo, «ciò che dice la Corte di Cassazione è che il comportamento dell’azienda è stato legittimo. Il datore può controllare che il rappresentante sindacale si assenti esclusivamente per organizzare riunioni sindacali, o per parteciparvi». Il caso della Sole di Oderzo è destinato a fare scuola per tutte le vertenze di questo genere. La sentenza della Suprema Corte ha infatti ribadito che «le attività in genere necessarie per l’espletamento del mandato sindacale non sono controllabili, ma comunque censurabili laddove il permesso venga utilizzato per fini personali, mentre la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi può essere naturalmente controllabile e in caso di mancata partecipazione accertata certamente sanzionabile». La Cassazione ha rinviato la sentenza alla Corte d’Appello in diversa composizione.
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