Diagnosi in ritardo di trentasette anni e odissea per le cure

Quinto, Giorgia Dotto è affetta dalla sindrome di Kartagener La denuncia: «I malati come me non sono tutelati e assistiti»
Di Rubina Bon

QUINTO. Per dare un nome alla malattia rara di cui è affetta, la sindrome di Kartagener che colpisce le alte e le basse vie aeree, ha dovuto attendere trentasette anni. Ora, finalmente con la diagnosi in mano, sta affrontando un'odissea per ottenere dagli enti preposti i farmaci e i dispositivi necessari per evitare ulteriori aggravamenti. È la storia di Giorgia Dotto, 37 anni, parrucchiera, sposata e mamma di una bimba. La vicenda affonda le radici nell'infanzia di Giorgia, nata con il “situs inversus totalis”, la condizione congenita nella quale gli organi sono invertiti in modo speculare rispetto alla posizione usuale. Sin dai primi anni di vita, Giorgia soffre costantemente di tosse catarrale, riniti, sinusiti croniche, muco persistente che le provoca anche difficoltà a respirare. «Anni difficili, quelli della scuola, a causa di questi problemi», ricorda Giorgia Dotto, «i miei genitori mi portavano a fare le visite, ma nessuno ha mai sospettato che avessi qualcosa. Mi sentivo mortificata. A volte passavo anche per malata immaginaria». Le giornate di Giorgia sono sempre accompagnate dalla presenza di tosse e catarro. La convivenza con i sintomi è problematica e influisce anche nella conduzione della vita quotidiana. Per trovare la forza di andare avanti, Giorgia va in pellegrinaggio due volte a Lourdes. «E la Madonna mi ha aiutata a non aggravarmi», ne è certa la trentasettenne. La situazione diventa ancora più complicata nel corso della gravidanza. Proprio mentre la donna sta attendendo la sua bimba, circa tre anni fa, per la prima volta un genetista le parla della sindrome di Kartagener. È a quel punto che Giorgia, assieme al marito, impara a conoscere la malattia che è determinata dall'alterazione delle funzionalità delle ciglia che rivestono l'interno delle vie respiratorie. Attraverso Internet, la donna scopre che il “situs inversus totalis” è una delle caratteristiche della sindrome. La diagnosi certa arriva però solo a ottobre 2012, dopo trentasette anni di attesa, grazie all'esame di “brushing nasale” a cui Giorgia si è sottoposta a giugno nel reparto di Pediatria dell'azienda ospedaliera di Pisa. «Una volta questo esame lo facevano anche a Verona, ora non più», continua la donna che desidera ringraziare i medici Baldo, Turolla, Felici, Santelli e Pifferi, «sono andata fino a Pisa perché volevo dare assolutamente un nome alla mia malattia. Ora ho il cuore in pace». La diagnosi dei medici pisani è accompagnata dal programma terapeutico, ossia le medicine e i dispositivi necessari a Giorgia per non peggiorare. «Per sei mesi devo effettuare i lavaggi nasali per prevenire la proliferazione di virus e batteri. Le sacche costano 186 euro al mese», dice, «e poi c'è la pep mask, necessaria per fare la ginnastica respiratoria, e le medicine». Tutte cose che, secondo Giorgia, «chi ha una malattia rara dovrebbe avere gratis». E invece da un mese la donna non ha pace tra telefonate, ricette, richieste varie. «Si parla tanto di prevenzione, poi però nessuno ti concede i mezzi per curarti bene. Allora mi chiedo cosa serva fare esami e accertamenti se poi non vengono ascoltate le necessità di chi ha bisogno di curarsi», è lo sfogo della giovane mamma, «sono stanca di sopportare, non è giusto. Voglio e devo stare bene: ho una figlia, una famiglia e un lavoro».

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