Denuncia il figlio per chiedere aiuto

La vicenda della pittrice opitergina Franca Faccin: «Una scelta dolorosa, ma le istituzioni non mi hanno mai accolto»

Denuncia il figlio malato psichico per richiamare l’attenzione delle istituzioni sulla solitudine delle famiglie nell’affrontare simili patologie.

Il caso, drammatico, è stato portato in tribunale ieri mattina da una nota artista opitergina: la pittrice Franca Faccin di 64 anni.

La donna ha querelato il figlio Alberto, oggi trentaseienne, dopo essere stata da lui picchiata e ripetutamente minacciata, anche di morte: «Succedeva quando non prendeva le medicine e, forse spinto dalla compagnia che frequentava, pretendeva i soldi per comprarsi la marijuana», ha spiegato la pittrice ricostruendo nel dettaglio i diversi episodi di violenza.

E ha precisato: «Denunciare un figlio che sta male è una scelta dolorosissima per una madre: io l’ho fatta dopo molto tempo e molte riflessioni per sensibilizzare i medici e le istituzioni su un problema grave che è quello della solitudine dei genitori e dei familiari di malati psichici nell’affrontare tale patologia.

Io ero completamente sola, non sapevo cosa fare e a chi rivolgermi: mio figlio non voleva prendere le medicine e io non potevo costringerlo. Prima di querelare ho bussato a tutte le porte, ma nessuno mi ha aperto. Ho pensato che, compiendo questo passo, qualcuno mi avrebbe aiutato. E, infatti, ora mio figlio è seguito dai servizi medici e non ci sono più state violenze. Se vado avanti e sono qui in aula è perché voglio che tutto questo resti agli atti, voglio sensibilzzare medici ed istituzioni».

Il problema si manifesta, in tutta la sua gravità, a partire dal 2000 quando iniziano le richieste di denaro. «Ero terrorizzata - ha raccontato in aula la pittrice - Lui mi accusava dei suoi mali e mi chiedeva incessantemente soldi. In un caso mi ha picchiato, per me è stato uno choc. Altre volte urlava, dava calci alle porte, mi minacciava. Nel 2007 sono stata costretta a chiudere la mia casa: ho mandato fuori tutti e me ne sono andata anch’io. Un po’ ho vissuto con mia figlia, un po’ con mia madre, mentre ho sistemato Alberto in albergo e poi in un appartamentino».

Il problema, però, non è risolto: il giovane continua a chiedere soldi alla madre, andando a trovarla in casa della nonna. E anche qui - secondo quanto ricostruito in aula - si sarebbero verificati episodi di violenza, con danni agli oggetti d’arte, con il furto di 30 euro e con pesanti minacce . La situazione si è ora risolta: «Da più di un anno Alberto segue le terapie, vive solo ed è seguito dal centro di salute mentale».

L’imputato, assistito dall’avvocato Alberto Mascotto, non era presente in aula.L’udienza è stata rinviata al prossimo 16 maggio.

Argomenti:disabili

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso