Da Vittorio al Canada «Ma voglio tornare a casa»

Crede nei sogni, nell’ambizione e nella forza della ricerca come mezzo e come metodo per disegnare nuove frontiere nella cura delle patologie cerebrali. Riesce a operare il cervello in “awake-surgery”, ovvero in anestesia locale ed è autore di una ricerca sul glioblastoma (tumore letale che colpisce il sistema nervoso centrale) appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature Communications”. Lui è Alessandro Perin, nato a Vittorio Veneto nel 1977. È uno dei più giovani e promettenti neurochirurghi nel panorama internazionale. Si è laureato a Padova, si è specializzato a Treviso sotto la guida del professor Pierluigi Longatti, primario di Neurochirurgia del Ca’ Foncello ed è quindi volato in Canada per studiare il glioblastoma. Una ricerca che lo ha premiato. Porta infatti il suo nome l’ultimo studio che ha permesso di individuare due proteine che provocano questo tumore maligno al cervello. Un lavoro iniziato nel 2007, con il suo primo viaggio a Montreal, una vera e propria scommessa nata da un’intuizione: ampliare la ricerca fino ad ora condotta nella formazione del cervello umano per rivolgerla anche alla patologia che colpisce l'organo già formato. «Il tutto parte dal lavoro del professor Stefano Stifani del Dipartimento di Neurologia della McGill University di Montreal», racconta Perin, «lui aveva condotto studi sulle cellule staminali deputate a generare il cervello nell'embrione e a mantenere il suo buon funzionamento nella vita adulta. Quando ci siamo incontrati io avevo interesse a comprendere il glioblastoma, il tumore maligno più frequente del sistema nervoso centrale».
Qual è stato quindi l’ulteriore passo avanti?
«Abbiamo unito le forze, così è nato un filone di ricerca che ci ha condotto, a identificare le staminali tumorali in un cervello adulto».
Cosa significa tutto questo?
«Siamo riusciti a individuare due proteine, la Foxg1 e la Groucho/tle. Funzionano come due player, giocano insieme, fanno le stesse cose insieme, e sono come due interruttori, accendono e spengono l’espressione e quindi l’azione di numerosi geni che sono alla base della proliferazione delle cellule più maligne, quelle che provocano la recidiva del cancro».
Per il momento avete identificato le cause, quale sarà la prossima sfida?
«Vogliamo sviluppare l’antidoto, abbiamo visto che c’è una molecola, la “grg6” che fa da freno allo sviluppo delle due proteine. Siamo in una fase preliminare ma stiamo cercando di capire come viene rallentata l’attività della Foxg1 e della Groucho/tle grazie a questa molecola».
Se dovesse dare una definizione di ricerca, cosa direbbe?
«Direi che è un investimento sul lungo termine, necessita di risorse, ma è una scelta vincente. E nel caso dello studio sul glioblastoma ci ha creduto il Canada ma anche l'Italia».
Meglio il nostro Paese o meglio l’estero per un ricercatore?
«A Montreal ho imparato a operare i pazienti in “awake-surgery” cioè da svegli. Lo si fa quando abbiamo tumori vicini ad aree delicate come quella del linguaggio. Allora si interviene in anestesia locale, si rimuove il tumore col paziente cosciente».
L’esperienza canadese le ha dato delle grandi chances, quella milanese all’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano anche. Pensa mai a un ritorno in Veneto?
«Ho la speranza di poter arrivare a Treviso, dove ho mosso i miei primi passi col professor Longatti che è stato il mio mentore». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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