Crisi e costi, la rivolta dei benzinai

Parte da Vittorio Veneto l’appello del sindacato dei gestori al governo Renzi
La protesta dei benzinai davanti a palazzo Montecitorio, Roma 12 dicembre 2012. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
La protesta dei benzinai davanti a palazzo Montecitorio, Roma 12 dicembre 2012. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

VITTORIO VENETO. È partita da Vittorio Veneto la battaglia dei gestori degli impianti di distribuzione stradale di carburante trevigiani contro “le vessazioni da parte dello Stato e delle compagnie petrolifere”. I rappresentanti del Gisc, il sindacato di gestori aderente a ConfCommercio (presieduto da Moreno Parin, con il vittoriese Alessandro Dorigo vicepresidente), ha chiesto al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con l'avvallo dell'Ascom mandamentale di Vittorio Veneto, un incontro urgente per cercare di risolvere quella che viene definita un’”insostenibile situazione”. «Alla crisi economica, che riduce i consumi di carburante, ed alle problematiche tipiche dei piccoli commercianti (pressione fiscale e concorrenza sleale) si devono sommare» spiegano Perin e Dorigo «la molto più grave situazione dei rapporti con le compagnie petrolifere ed il fatto che il governo privilegi le compagnie stesse, a danno dei gestori e degli stessi consumatori. Se un litro di benzina costa ad un automobilista 1,75 euro, 1 euro circa va allo Stato sotto forma di accise e Iva, 70 centesimi vanno a compagnia petrolifera e grossista, e 3 centesimi lordi restano al gestore dell’impianto di distribuzione, quindi molto meno del 2% del prezzo finale. Cruciale è anche il costo della materia prima, sottoposta alla quotazione Platts dei carburanti sul mercato internazionale. Platts è un’agenzia specializzata che rileva il valore a cui una tonnellata di benzina o di gasolio viene venduta effettivamente sui mercati».

«Il problema è però che anche quando il petrolio greggio potrebbe calare, le quotazioni Platts, attraverso alcune strategie finanziarie e di rilevazione, rimangono comunque costanti» spiegano i gestori, «in più, le grandi compagnie petrolifere barano sul costo, perché in realtà non lo acquistano, ma lo estraggono, lo raffinano e poi lo vendono alla quotazione Platts, con un guadagno quindi superiore. Poi utilizzano il valore Platts come specchietto per le allodole per piangere miseria. Un ottimo esempio è Eni, laddove la divisione ricerca e produzione “vende” al prezzo Platts alla divisione raffinazione e distribuzione: da una parte guadagni stratosferici e dall’altra lacrime di miseria martirizzando i gestori».

Le compagnie petrolifere spingono per gli impianti senza gestore, proponendo prezzi diversi in caso di self service, anche nello stesso impianto in orari di apertura, con sconti fino a 15 centesimi: questo dimostra che un prezzo inferiore è possibile, e che non sono i 3 centesimi che restano al gestore a fare la differenza. La stessa campagna Eni dei supersconti del fine settimana nell’estate 2012 ha fatto sì che nei fine settimana si lavorasse moltissimo, per poi restare fermi tutta la settimana, falsando anche il prezzo di mercato e spingendo sempre al ribasso le cosiddette “pompe bianche” o “no logo”.

Le pompe bianche rappresentano un fenomeno molto significativo in provincia di Treviso. Nella Marca trevigiana sono senza logo 85 impianti su 330 totali, quindi uno ogni 4, ma vendono il 60% del carburante. In Veneto la percentuale delle pompe bianche cala e la vendita è attorno al 40%. (f.d.m.)

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso