Consorzio Agrario: Coldiretti Treviso vuole la fusione con il nazionale

L’associazione punta a inglobarlo nel Cai d’Italia, i dipendenti sono in subbuglio. Si ribellano anche Cia e Confagricoltura

TREVISO. La chiamano già la battaglia del consorzio. Agrario, di Treviso e Belluno. Coldiretti nazionale vuole assorbirlo nel Cai - Consorzio Agrario d’Italia - maxipolo di ricerca,e sviluppo cui hanno già aderito i Consorzi Emilia, Adriatico, Tirreno Centro Sud e Bonifiche Ferraresi spa. Il Consorzio trevigiano è fra le realtà più solide in Italia: fattura 105 milioni, con 135 dipendenti in 38 sedi Il patrimonio supera i 25 milioni. L’operazione spacca però i 2300 soci ed il mondo agricolo.

E i territori si dividono. Nella Marca la Cia non ci sta, Confagricoltura è preoccupata. C’è sconcerto, si teme «la perdita di autonomia, indipendenza e controllo sull’operatività», ricordando le «gestioni virtuose» della realtà trevigian-bellunese. In subbuglio i dipendenti del Consorzio, che ne fanno una questione di identità e difendono «un’esperienza positiva» e un «riferimento assoluto per il settore agricolo di due province». È partita persino una lettera - appello a Zaia, e al governatore giungono da giorni altri “sos” perché intervenga.

Giovedì si terrà un cda del Consorzio, 13 i consiglieri, 12 espressione di Coldiretti più Ludovico Giustiniani (Confagricoltura). Ma il presidente Giorgio Polegato, anche numero uno di Coldiretti provinciale, invita alla calma: «Siamo agli inizi di un percorso, non sono decisioni che possono venir prese in poco tempo», spiega, «Terremo presenti le istanze di soci e territori, prioritarie per noi, cui dobbiamo dare garanzie».

Dicono che nei giorni scorsi Polegato abbia convocato i i dipendenti, per rassicurarli, spiegare l’operazione. Avrebbe messo sul piatto la sua parola di «uomo e imprenditore e presidente» sulla volontà di salvaguardare l’identità del Consorzio. Ma si temono le forti pressioni di Coldiretti nazionale: e la stessa Coldiretti trevigiana non è compatta. La Cia sale sulle barricate.

«Siamo preoccupatissimi», dichiara Giuseppe Facchin, presidente provinciale, imprenditore di San Polo, «Un patrimonio storico nato nel 1939, una delle migliori realtà consortili d’Italia verrebbe fatta confluire in un calderone nazionale: temiamo che utili, capitali e patrimonio immobiliare di Treviso e Belluno servano a compensare altre gestioni meno brillanti. L’operazione toglie una risorsa ai nostri territori, sposta sedi decisionali e gestione».

In Friuli Venezia Giulia il caso - il consorzio di Udine fa resistenza come Treviso - è diventato anche politico, finendo in Regione. A Treviso soci critici e dipendenti sottolineano come Consorzio Nordest e Terre Padane di Piacenza abbiano detto no. Altri rilevano come Bonifiche Ferraresi, uno dei partner già entrati, abbia recentemente acquisito la tenuta dell’ex presidente di Confagricoltura, Vecchioni, con fondi di Cdp e Inpdap.

Intanto Confagricoltura provinciale invita alla prudenza: «Ne sappiamo ancora poco, forse se n’è parlato nelle associazioni, ma poco all’interno del Consorzio», premette Giangiacomo Scotti Gallarati Bonaldi, «Certo siamo preoccupati e vogliamo capire bene cosa ne sarà di un’azienda efficiente, patrimonializzata, che fa utili in un sistema con altri consorzi che però hanno difficoltà".

"Devono esserci approfondimenti prima che una società così importante per il territorio venga inglobata. Confidiamo in Polegato, ha detto di voler valutare bene, anche a fronte delle preoccupazioni del personale. Sulla carta ci potrebbe stare, ma si rischia di annacquare una realtà molto legata al territorio in qualcosa di non ben definito. E soprattutto, chi guiderà e gestirà questo Cai? Vanno considerati fino in fondo tutti gli aspetti dell’operazione, e gli andamenti societari dei partner: servono tempo, consapevolezza e responsabilità».—




 

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