Collezione d'armi da sparo, tolta la licenza all'industriale Paolo Fassa

L’industriale Paolo Fassa
L’industriale Paolo Fassa
 
SPRESIANO.
Revocata la licenza per collezione di armi comuni da sparo a Paolo Fassa, a capo del colosso dell'edilizia Fassa Bortolo: l'imprenditore, appassionato collezionista, ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale del Veneto. Il deposito del ricorso risale ai giorni scorsi: Fassa, con il ricorso giurisdizionale, contesta anche il decreto che dichiara inammissibile il ricorso gerarchico, da lui proposto, per riottenere la licenza per collezione. Il ricorso è presentato contro il Ministero dell'Interno, la Questura e la Prefettura di Treviso. L'udienza è stata fissata per il prossimo 8 giugno. Dopo la revoca della licenza per collezione di armi comuni da sparo da parte della Questura, Fassa aveva presentato ricorso gerarchico. Una procedura, questa, giudicata però inammissibile. Contro la decisione, e contro il decreto di revoca della licenza, l'imprenditore ha scelto di ricorrere al Tar. La licenza per collezione di armi comuni da sparo permette la detenzione, ma non il porto, di armi corte e lunghe, in numero superiore a quello normalmente consentito, ovvero tre armi comuni da sparo e sei classificate come sportive. Lo scorso agosto, l'imprenditore spresianese era rimasto coinvolto in un episodio che lo aveva visto protagonista proprio a causa di un'arma. «I due fatti non sono collegati» precisano i suoi legali. Nel bel mezzo di una rissa verbale con un camionista, pare per una manovra azzardata, Fassa sarebbe sceso dalla sua auto con la pistola in pugno. Il conducente del camion, spaventato, aveva chiamato la polizia che aveva sequestrato l'arma all'imprenditore, una pistola regolarmente denunciata che Fassa portava spesso con sé, essendo un appassionato collezionista. Contrastanti le versione dei due uomini coinvolti: Fassa aveva riferito che era stato il camionista a minacciarlo, mentre il conducente del mezzo pesante aveva sostenuto di essere stato egli stesso la vittima, riferendo che l'imprenditore gli «ha puntato la pistola al volto pronunciando le seguenti parole: «Rimani qui, adesso chiamo i carabinieri». (ru.b.)

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