Chiude l’ultimo casoin di Ponte di Piave: «Dal 1959 ad oggi il mondo è capovolto»

Ponte di Piave, Bepi Granziera lascia il Borgo Sottotreviso «Una volta ci si conosceva tutti e si pagava ogni tre mesi»

PONTE DI PIAVE. Dopo 59 anni chiude lo storico «El Casoin» di Borgo Sottotreviso. Ma i proprietari, purché continui l’attività, sono disposti a affittare i locali a un prezzo simbolico. Se così non fosse, è destinata a chiudersi, con un po' di tristezza, un'altra pagina della storia del paese.

Era il maggio del 1959 quando Giuseppe Granziera, per tutti "Bepi", originario di Ormelle, decise di aprire la rivendita di alimentari e mercerie nel centro storico di Ponte di Piave aiutato dalle sorelle Gina e Maria Teresa. «Rispetto ad oggi - spiega Bepi - quello era un altro mondo. Allora tutto andava più lentamente, non c'era la frenesia dei nostri giorni. In paese ci si conosceva tutti ed il linguaggio era intenso e diretto». Il Casoin era un punto di riferimento importante per la comunità, un luogo di ritrovo, un po'come l'osteria o la bottega del barbiere. «A quei tempi - aggiunge l'anziano commerciante - si vendevano moltissime merci particolari, quali aringhe, fichi secchi e baccalà; e poi olio, marsala e pasta tutti sfusi, come pure la varechina».

Sui bancali, rigorosamente di legno, fino a metà degli '70, facevano bella mostra articoli da merceria, grandi ombrelli fatti appositamente per i pastori, magliette, vestiario intimo, filati e cravatte. «Per molti anni - aggiunge - Bepi Granziera - aprivamo anche le domeniche mattine, un po' come fanno i supermercati ai nostri giorni». E i pagamenti? «Ai primi tempi, poche persone pagavano al momento dell'acquisto. In genere tutto veniva annotato in un libretto che tenevo sul banco ed i conti si facevano ogni tre mesi. Naturalmente - sottolinea - non esistevano calcolatrici o casse; le somme le facevo io con la matita che tenevo sempre sopra l'orecchio. Ricordo che vari contadini saldavano il debito portando giornalmente le uova delle loro galline».

Un po' alla volta "El Casoin" di Borgo Sottotreviso si è ingrandito, i bancali ed i cassettoni di legno sono stati sostituiti dall'acciaio ed anche la merce proposta cominciava ad essere tutta confezionata. Certamente l'ingresso in negozio della moglie Vilma Sartori e del figlio Francesco hanno dato un'impronta di modernità al Casoin, che, comunque, ha continuato nei decenni a chiamarsi così e ad avere sempre un aspetto familiare ed accogliente. Poi, all'inizio degli anni duemila, comincia in tutto il Veneto un lento declino di questo tipo di commercio. «L'avvento dell'euro e, soprattutto, l'apertura di grandi catene di supermercati - ricorda con amarezza Bepi - ci hanno messo in grandi difficoltà».

I tempo dei vecchi “casoini” stava per finire. «Abbiamo continuato - aggiunge la moglie Vilma - per passione ed attaccamento al borgo che non volevamo morisse. Ma adesso è arrivato il momento di staccare la spina». E dopo? «Noi - rispondono insieme - ci godremmo la meritata pensione e se qualcuno volesse continuare la tradizione del Casoin siamo disposti ad affittare i locali ad un prezzo quasi simbolico pur di vedere borgo Sottotreviso ancora allegro e vitale».
 

Argomenti:commercio

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso