Caso Cucchi, un altro trevigiano coinvolto: indagato l’ex capo dei corazzieri Casarsa

Accusato di falso, nel 2009 era alla guida del Gruppo Roma alle cui dipendenze c’erano tutti i militari coinvolti nell’inchiesta
L'avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, mostra delle foto durante il dibattimento del processo d'appello per la morte di Stefano Cucchi, a Roma 31 ottobre 2014. ANSA/ANGELO CARCONI
L'avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, mostra delle foto durante il dibattimento del processo d'appello per la morte di Stefano Cucchi, a Roma 31 ottobre 2014. ANSA/ANGELO CARCONI

Salgono a due gli indagati trevigiani nell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi. Dopo il maggiore dei carabinieri Luciano Soligo, all’epoca del pestaggio comandante della compagnia Talenti Montesacro, ora il procuratore romano Giuseppe Pignatone e il sostituto Giovanni Musarò hanno messo sotto la lente anche l’ex capo dei corazzieri del Quirinale e alto grado dell’Arma Alessandro Casarsa, generale di brigata, trevigiano classe ’66, all’epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma.

A portare il suo nome nel registro degli indagati per la morte del trentunenne romano deceduto il 22 gennaio 2009 all’ospedale Sandro Pertini una settimana dopo il suo arresto, è stata la complicata ascesa della scala gerarchica dei carabinieri che gestirono le fasi conseguenti il fermo del giovane. Nel merito, la procura stya cwercando di indentificare tutti coloro i quali misero le mani sui resoconti sullo stato di salute del trentunenne, relazioni stilate dai militari in caserma che sarebbero state modificate omettendo particolari decisivi nel ricostruire quanto accaduto durante il fermo, e quindi anche le cause della sua morte.

A chiamare in causa il maggiore Soligo era stata la testimonianza del luogotenente Colombo – comandante della stazione di Tor Sapienza – che riferì come le relazioni sullo stato di salute di Cucchi fatte dai suoi sottoposti fossero state modificate dopo l’intervento di Soligo. «Quando sono giunto a conoscenza dei fatti, ho fatto l’unica cosa possibile: riferire ai miei superiori», ha detto agli inquirenti Colombo. Di qui l’avviso di garanzia al trevigiano Soligo. Direttamente sue le modifiche alle relazioni? Non è detto. Secondo la testimonianza di Colombo, Soligo avrebbe condiviso le relazionin conun superiore che al telefono avrebbe chiamato «colonnello».

Gli inquirenti sono risaliti così alla figura del tenente colonnello Francesco Cavallo, superiore di Soligo e responsabile del gruppo Roma comandato da Casarsa. Indagato e ascoltato, Cavallo avrebbe detto di non ricordare l’episodio ma di aver comunque agito con il benestare dei superiori. Di qui l’ennesimo gradino a salire la scala gerarchica passando da Cavallo a Casarsa. Il numero uno del Gruppo Roma era da tempo in “predicato” dell’avviso di garanzia proprio per il suo ruolo apicale, e da sempre ha detto di essere estraneo ai fatti come ribadito anche una decina di giorni fa davanti agli inquirenti.

Il generale Alessandro Casarsa fino ad un mese fa guidava la guardia d'onore del presidente della Repubblica Italiana. La sua sostituzione nell’incarico, forse non casuale, non è stata seguita da altre assegnazioni; scelta che forse non poteva prescindere dall’evolversi dell’inchiesta che giorno dopo giorno stava scavando la catena di comando dell’Arma.

Casarsa è un carabiniere “dalla nascita”, si è arruolato alla Scuola Militare “Nunziatella” di Napoli a soli 15 anni e da allora, dopo l’accademia militare di Modena e la scuola ufficiali a Roma, ha iniziato una lunga e importante carriera in divisa: ha prestato servizio nell’Organizzazione Territoriale a Napoli, a Mondovì, a Roma ed in quella centrale al Comando generale dell’Arma dei carabinieri nei settori legislativo e degli armamenti arrivando poi ai ruoli di primissima importanza nel gruppo territoriale della Capitale.

L’accusa nei suo confronti è faldo in atto pubblico, accusa che lo vede inquisito agli altri ufficiali dell’arma nelle cui mani sarebbero passate le relazioni su Cucchi. I documenti modificati sarebbero due, in entrambi sarebbero spariti elementi chiave, cancellati secondo l’ipotesi di accusa perchè contenenti «valutazioni mediche che non spettavano ai militari», come testimoniato da uno dei militari coinvolti. —


 

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