Carte false, gestore del lago in aula

RIESE PIO X. Le pizze con l’odore nauseabondo dei maiali. Il laghetto di pesca sportiva inquinato (secondo l’accusa) dai liquami della porcilaia. Ora anche dei documenti falsi, attribuiti a un laboratorio d’analisi delle acque. Nella lunga vicenda che contrappone la pizzeria e il laghetto gestiti da Bruno Panozzo di Riese ad Attilio Gorza, titolare dell’azienda agricola “San Luigi”, ora in tribunale spunta una vicenda parallela. Manolo Scremin, gestore del laghetto di pesca sportiva di proprietà di Panozzo, è finito a processo con l’accusa di aver realizzato documenti falsi che attestavano lo stato di inquinamento delle acque. In particolare, secondo la Procura, i documenti prodotti sarebbero delle copie imperfette di presunte analisi realizzate dai laboratori della ditta Chelab di Resana. Ieri, in tribunale a Treviso, sul banco dei testimoni è comparsa proprio una dei tecnici della Chelab, B.L.: la firma della donna era stata posta in alcuni documenti spediti al Comune e alla Provincia che attestavano l’inquinamento delle acque del laghetto di pesca sportiva. «Quel documento a mia firma non è originale, è un falso», ha confermato la donna. Secondo l’accusa, insomma, Scremin avrebbe taroccato i documenti per poter “stracciare” il contratto di gestione del laghetto di pesca sportiva, caduto in disgrazia (come la pizzeria, secondo Panozzo) a causa dei cattivi odori e dell’inquinamento provenienti dalla porcilaia. Per quella vicenda c’è già un processo a carico di Gorza. Ora arriva in aula anche la vicenda parallela di Scremin. Lo stesso Scremin sostiene di aver speso 21 mila euro per far partire l’attività, di fatto mai avviata. Secondo l’accusa, però, lo stesso Scremin avrebbe prodotto documenti fasulli per dimostrare l’inquinamento: per questo è finito a processo con l’accusa di falsità materiale. Dopo le testimonianze raccolte ieri, il processo tornerà in aula il prossimo 26 giugno. (f.p.)
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