Cannabis terapeutica «Ci stiamo preparando»

La cannabis? Sarà il futuro, in prospettiva ci apriremo anche noi all’uso, soprattutto per malattie non oncologiche. Ma finora non l’abbiamo mai utilizzata, nemmeno sperimentata».
L’Advar di Treviso, che assiste a domicilio malati oncologici, e che accoglie i malati in fase terminale all’hospice Casa dei Gelsi, ritiene che interessi soprattutto il fronte antalgico, ovvero della battaglia contro il dolore. Era comprensibile che la lettera-appello dei familiari di Luca, pubblicata ieri dal nostro giornale – che chiede di aprire e allargare l’uso della cannabis come terapia antalgica e antispastica – suscitasse diverse reazioni, non solo nell’ambiente medico e scientifico.
«Diciamo che altri oppioidi da noi utilizzati ci danno ottimi risultati nel controllo del dolore», spiega Micol Mazzer, dottoressa dell’Advar dal 2011 e oggi attivissima anche nello studio delle nuove terapie, «certo ci siamo confrontati, stiamo seguendo corsi e incontri scientifici. Riteniamo che la cannabis sia certamente indicata come antispastico, e in particolare per le neuropatie, oppure per malattie come la Sla, sclerosi. E da qui in avanti diventerà certamente un riferimento per terapia in malati non oncologici. E con il tempo si capirà anche l’impiego migliore, c’è un costante aggiornamento».
La sensazione è che la strada per un uso più vasto e diversificato della cannabis sia appena aperta, e che il futuro vedrà un utilizzo sempre più allargato. Ma siamo ancora agli inizi. E lo dice proprio l’atteggiamento dell’Advar, punta avanzata del nostro territorio sulla frontiera delle terapie palliative dei trattamenti dei malati terminali.
Non c’è dubbio che la scelta forte dei familiari di Luca - il 19enne è di fatto il primo degente oncologico trattato in maniera sistematica con la cannabis – abbia costituito un momento forte nella discussione sulle terapie antalgiche e antispastiche. «Si discute molto anche dei preparati, c’è chi sostiene che l’efficacia aumenti e sia totale se si utilizza l’intera pianta, persino il fiore», aggiunge la dottoressa Mazzer, «e delle stesse tecniche di somministrazione, più che con l’olio e l’infuso l’effetto migliore si otterrebbe con l’inalazione». Poi c’è il problema dell’approvvigionamento - non è facile, nemmeno dopo l’apertura della legge all’uso dei preparati da cannabis - e quello dei costi, ancora alti perché manca una vera produzione industriale. Ma a parità di produzione, i suoi costi sarebbero di 10 volte inferiori alla morfina.
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