Cal al nipote: questa pistola uccide?

Il manager si era informato sulla sua calibro 38. Oggi autopsia, venerdì funerali
Nelle foto in senso orario da sinistra un primo piano di Mario Cal, la cupola-simbolo del San Raffaele e la cappella dell’ospedale
Nelle foto in senso orario da sinistra un primo piano di Mario Cal, la cupola-simbolo del San Raffaele e la cappella dell’ospedale
 L'addio a Mario Cal potrebbe essere celebrato sotto la cupola di 60 metri d'altezza sovrastata dall'angelo San Raffaele, simbolo della megalomania di don Luigi Verzè, che starebbe pensando di presiedere la celebrazione religiosa del suo braccio destro. E' l'ipotesi cui starebbe pensando la famiglia del manager trevigiano che si è suicidato lunedì mattina nel suo ufficio di vicepresidente dell'ospedale San Raffaele di Milano con un colpo di pistola alla tempia. Nel grande ospedale milanesi si è compiuta la trentennale parabola del manager originario di Motta di Livenza. Mario Cal non sarà sepolto, per adesso, nella cappella di famiglia del piccolo cimitero di Lorenzaga, ma nel paese brianzolo che ha dato i natali alla moglie Tina Besana. «Fino a quando ci sarò io lo voglio qui, vicino a me», avrebbe confidato agli amici. A Lorenzaga si terrà, nei prossimi giorni, una cerimonia riservata alla famiglia.  Questa mattina alle 8,30, sul corpo del manager si terrà l'autopsia disposta dal magistrato. Solo dopo la salma sarà restituita alla famiglia per le esequie, che si svolgeranno nella giornata di venerdì. La direzione del San Raffaele ha fatto pubblicare un composto necrologio in cui ricorda la dedizione umana e professionale di Mario Cal. Dagli ambienti vicini alla famiglia emergono i dettagli sulle ultime ore di Cal, che non ha retto al probabile crac dell'impero economico di don Verzè. Sabato era stato con la moglie sul Lago Maggiore e a cena con gli amici. Domenica, dopo la lettura dei giornali, aveva accompagnato la moglie a un giro di vetrine nel centro di Milano. Nulla faceva presagire l'ultimo gesto, che peraltro è stato ampiamente meditato. Ieri mattina è saltata fuori una terza lettera vergata a mano da Cal, lasciata a casa in via della Spiga e rivolta alla moglie. L'agente della vigilanza che per primo ha soccorso il manager ha riferito al magistrato che nelle ultime due settimane aveva notato che era più «spento, taciturno e abbattuto». L'uomo ha riferito che lunedì mattina, dopo aver sentito lo sparo, le persone e le segretarie che erano entrate nel suo ufficio «erano terrorizzate e nulla facevano per rianimarlo». A questo punto il vigilante ha «dato un calcio alla pistola», per allontanarla dal corpo di Mario Cal, che era ancora vivo, e quindi consentire ai medici di soccorrerlo. L'uomo ha spostato la pistola e l'ha infilata in un sacchetto di plastica, per evitare che venisse toccata da altri.  «A quell'uomo tenevo più che a mio padre» ha detto il vigilante, assunto proprio da Cal molti anni fa e che gli aveva fatto anche da autista. Lo stesso agente avrebbe rivelato che negli ultimi tempi il manager non aveva fatto mistero, rispetto alla situazione economica del San Raffaele, di preferire un intervento di Giuseppe Rotelli per ripianare i debiti, mentre Don Verzè privilegiava l'ipotesi del Vaticano, come poi avvenuto. Il manager era preoccupato per le inadempienze coi fornitori. «Negli ultimi 15-20 giorni l'ho trovato taciturno e abbattuto, parcheggiava non più al solito posto davanti all'entrata ma sotto gli alberi, passando dal parcheggio sotterraneo per non farsi vedere». Emerge un altro particolare: nei giorni scorsi Cal avrebbe chiesto al nipote che vive a Milano informazioni sulla sua pistola, una Smith & Wesson calibro 38. Il nipote non ha saputo dare una risposta allo zio, ma gli ha indicato che solo una Magnum sarebbe stata in grado di uccidere. Il nipote l'ha interpretato come il desiderio di ricevere in regalo una nuova pistola a Natale. Alla Procura di Milano, che indaga sul dissesto economico dell'impero del San Raffaele, fanno sapere che tra le ipotesi c'è anche quella del fallimento. Ipotesi tutt'altro che remota dopo il suicidio di Cal, l'uomo che conosceva tutti i segreti dei conti del gruppo, sul quale pesa un debito di 900 milioni di euro. Negli ambienti finanziari si parla di una chiamata per il salvatore della Parmalat Enrico Bondi.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso