Cadorin e archivi di Stato drammi della Shoah svelati Sì alle pietre d’inciampo

la cerimonia
«Siate integri, mai integralisti. Allenate l’umanità e le coscienze per rendervi immuni da ideologie distorte e fanatismi». Il sindaco Mario Conte ieri di fronte alle lapidi che alla Caserma Cadorin ricordano gli internati sloveni e croati, si è rivolto ai giovani nella prima commemorazione della shoah in epoca Covid. Nello stesso giorno la visita di Zaia al ghetto di Venezia. Una cerimonia essenziale quella di ieri, con pochi invitati: il prefetto Maria Rosaria Laganà, il comandante della caserma Ettore Pontiroli, alcuni consiglieri comunali con il presidente Giancarlo Iannicelli, la presidente Istresco Francesca Gallo che ha invitato a «raccogliere i ricordi di chi ha vissuto orrore e dolore, conservarne la memoria e restituire dignità, senza retorica». Altrimenti dal passato non si impara nulla ed è rapportando la storia al presente – ha detto il prefetto – che possiamo intervenire dove i diritti umani vengono calpestati, bloccando rigurgiti di razzismo.
Per la prima volta quest’anno l’Archivio di Stato di Treviso ieri ha pubblicato nel profilo facebook alcune testimonianze tratte dai propri fondi. Un lavoro a cura del direttore Antonio Bruno, coadiuvato dalla collega Francesca Bortolanza, che hanno estratto dagli scaffali carte polverose per non dimenticare le storie delle vittime di un folle piano di sterminio di ebrei, rom, omosessuali, disabili. Si documentano pezzi di vita e storia vera, vissuti, sofferti. Documenti unici: le leggi razziali del 1938 e i dubbi degli stessi esecutori. Emblematico il caso di Valdobbiadene sollevato dal segretario del partito fascista al prefetto il 5 febbraio 1942. Come comportarsi di fronte ai bambini di un’ebrea il cui marito non è ebreo? «Risulta, dagli atti di nascita, che tali bambini sono stati battezzati con rito romano cristiano. Il padre ha un lasciapassare per Lubiana Valdobbiadene. Vi sarei grato di comunicarmi le disposizioni in materia emanate dal competente Ministero, perché io possa rispondere alla segnalazione fattami». Ci sono poi appelli di sacerdoti, come don Tito Zambelli cappellano della 50esima Legione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale che il 5 dicembre 1943 sottopone un “fatto pietoso”. Riguarda tre sorelle ebree di Vittorio Veneto molto anziane (la più giovane ha 80 anni): «Chiedono alla bontà di Vostra Eminenza la grazia di non essere deportate, solo: morire qui, nella loro città natia». Una giornata intensa con molteplici incontri web tra cui quello della Provincia con le toccanti testimonianze di ex studenti dell’Alberini che l’anno scorso hanno incontrato Liliana Segre a Milano. In consiglio comunale ieri il sì all’unanimità al posizionamento di pietre di inciampo nella città. Dove metterle sarà affidato ad una commissione scientifica.
scintille ai trecento
Ma in consiglio non è mancato lo scontro, prima in casa Lega, con fortissima tensione tra il consigliere Barbisan e Iannicelli (presidente del consiglio), poi con lo stesso Barbisan a incalzare l’opposizione: «Sulle pietre una mozione copia-incolata, potevano fare di più». E il Pd a rispondere: «La mozione è protocollata dal gennaio 2020... Non andava bene? Barbisan ha avuto 12 mesi per obiettare, ma non l’ha fatto». —
Laura Simeoni
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