Buco milionario al Monte dei Pegni, condannati un’infermiera e un informatore scientifico
Tre anni all’infermiera trevigiana Giovanna Di Rosa e due al suo ex marito, l’informatore scientifico di Treviso Giuseppe Mingolla. Sono le prime condanne per il buco milionario al Monte dei Pegni della Cassa risparmio del Fvg. Gli ex coniugi sono accusati di appropriazione indebita per aver intascato 2 milioni e mezzo di euro degli oltre 6 spariti dalle casse dell’istituto per mano dell’allora responsabile del Monte dei Pegni di Udine, Michela Ottonello, l’udinese di 48 anni a sua volta accusata di appropriazione indebita, che ha scelto il rito abbreviato e sarà giudicata la prossima settimana.
Il giudice monocratico del tribunale di Udine Angelica Di Silvestre ha di fatto accolto le richieste del pm, che aveva chiesto una condanna a 4 anni e due mesi per la Di Rosa e di 3 anni e 9 mesi per Mingolla, evidenziando però che tutti i reati commessi in una data antecedente al 18 agosto del 2008 sono prescritti. L’ex marito è stato anche assolto per le accuse successive al marzo del 2010. Entrambi, oltre al pagamento di una multa rispettivamente di 1.200 e 800 euro, dovranno poi versare in solido alla banca, che si è costituita parte civile, una provvisionale di 250 mila euro, in attesa che in sede civile venga valutata l’entità del risarcimento. Gli avvocati difensori della 47enne Di Rosa e del 53enne Mingolla hanno annunciato l’intenzione di ricorrere in Appello.
Stando alle verifiche incrociate della Cari Fvg e della Guardia di finanza, le prime sottrazioni di denaro risalgono al 2002. La Ottonello avrebbe effettuato prelievi periodici dalla cassa (tra i 5 mila e i 20 mila euro) e avrebbe occultato le uscite, camuffandole con diversi escamotage. Fino al 2006, si sarebbe avvalsa di un semplice meccanismo di sopravvalutazione dei beni ricevuti in pegno dalla Di Rosa, per un totale di circa 600 mila euro. Nel solo marzo 2007, sarebbe riuscita a incamerare 1 milione 147.735 euro, mediante riscatti di polizze di pegno fittizie, stipulate in assenza di beni e utilizzando le generalità della Di Rosa, di suoi familiari e di ignari clienti. Nel 2012 fu smascherata, denunciata e sospesa. Ma un “tesoretto”, 2,5 milioni sarebbe finito nelle mani della Di Rosa.
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