Botta: l’Appiani è il tempio di Treviso

«Treviso è la forma migliore di aggregazione umana, e l’area Appiani è il suo tempio». L’architetto svizzero Mario Botta è arrivato ieri pomeriggio nel capoluogo della Marca per dare il benvenuto a due nuove opere installate nelle zone laterali della «sua» Piazza delle Istituzioni: due grandi sculture in ferro stilizzate, che rappresentano un cimbello e una mano aperta delle dimensioni rispettivamente di due e tre metri. Entrambe opera dello scultore Giuliano Tomaino.
Dopo mesi polemiche sull’area Appiani, accusata da diverse parti di aver contribuito allo svuotamento del centro storico, con il benestare di Ca’ Sugana e con i soldi della Fondazione Cassamarca, l’architetto Botta torna a parlare della sua creazione, celebrando le qualità estetiche e, soprattutto, la pubblica utilità di un complesso che unisce abitazioni residenziali, uffici, pubblici e privati, negozi e altre attività commerciali. Alla fine ammette però che «qualche errore può essere stato fatto».
Architetto, l’ultima volta era venuto a Treviso un anno e mezzo fa per l’inaugurazione dell’Auditorium. Come è cambiata la Piazza delle Istituzioni?
«Stamattina è stato bello arrivare e vedere tutto questo verde. Penso che Treviso debba essere orgogliosa di questa struttura che, quando mostro in giro per il mondo, fa rimanere tutti a bocca aperta».
Qui però non sono in molti ad avere questa reazione, anzi. L’Appiani viene accusato di aver svuotato il centro e di essere troppo imponente per una città di 80.000 abitanti.
«Ritengo che molte critiche siano preconcette. La trasformazione di quest’area non poteva che essere fatta in questo modo. Certo, qualche errore può essere stato fatto e se tornassi indietro di dieci anni cambierei qualcosa. Ma, al posto di avere quelle periferie urbane squallide, qui siamo tornati al tempio e, ribadisco, Treviso ne deve essere orgogliosa».
Al momento però sembra che diversi spazi siano vuoti anche qui.
«Una città come questa è la forma migliore di aggregazione umana, perché in spazi piccoli si possono avere tutti i servizi. Sono convinto che, col tempo, sarà la vita stessa a prendere possesso degli spazi e a correggere gli errori fatti. Una città, per vivere, ha bisogno di luoghi di aggregazione e questo, tra abitazioni residenziali, istituzioni ed esercizi commerciali, riunisce tutto in un unico spazio».
Ritiene che chi l’ha critica non fosse culturalmente pronto per strutture edilizie di questo genere?
«Non dico questo. Dico che ho non si faceva nulla o che era difficile fare meglio di quanto invece è stato fatto. Ho avuto la fortuna di avere in Cassamarca una commitenza illuminata e questo, per un architetto, è fondamentale per lavorare. Poi, come in tutti i campi della vita, ci sarà sempre chi critica senza sapere».
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