Bartolini: «Sì, mi ha salvato l’esperienza Non mi spavento, continuerò a volare»

Lo “Storch” non sarà ricostruito. Il secondo incidente in 2 anni non scoraggia il pilota di Ponzano. Zanardo: «È eccezionale»
De Polo Falzè di Piave Aereo Caduto
De Polo Falzè di Piave Aereo Caduto

SERNAGLIA. Il capitano Alessio Bartolini non smetterà di volare, ma non ricostruirà il suo ultraleggero precipitato sul Piave domenica 30 dicembre. Quel giorno alle 13.30 Bartolini - 51 anni, già pilota militare e poi dell’Alitalia, di origini pistoiesi, ma residente a Ponzano - stava rientrando a casa con il suo ultraleggero dopo una manifestazione di sorvoli sugli aerei da guerra storici. Il suo aereo era una replica di un Fieseler Fi 156 "Storch”, detto popolarmente “Cicogna”: un aereo tedesco da ricognizione utilizzato nella Seconda Guerra Mondiale. Improvvisamente, il pilota ha dovuto affrontare un atterraggio di fortuna dopo un lungo volo radente, per un improvviso problema al motore. Ha cercato una zona asciutta del letto del Piave, poi il velivolo è finito in acqua perché il motore non si è spento.

«NON LO RICOSTRUISCO»

Alessio Bartolini si è salvato grazie alla sua esperienza, come lui stesso riconosce, ma ora ha due certezze. La prima è che quello che resta del suo ultraleggero, sul quale aveva già avuto un incidente due anni fa a Montebelluna, non sarà ricostruito. La seconda è che lui, nonostante i due incidenti, continuerà a volare. «Gli ultraleggeri non sono aerei e per pilotarli sono necessari corsi molto più semplici e meno costosi. La loro costruzione è artigianale e spesso si fa adattando per uso aereonautico materiali ed altri strumenti di diversa origine - spiega Bartolini - per esempio si usano motori nati per i Go Kart, su cui si fanno delle modifiche» spiega Bartolini. Il pilota non intende rinunciare al volo, ma non vuole ricostruire il “Cicogna” con il cui muso si era già piantato tra i filari di un vigneto a Montebelluna, nell’ottobre del 2016. Anche in quel caso il pilota ne uscì miracolosamente illeso. «Per gli ultraleggeri anche i controlli di sicurezza sono ridotti rispetto a quelli per gli aerei da turismo, cosa che può causare problemi, mentre io venendo dall’aeronautica e poi dall’Alitalia ero abituato a ben altro rigore» prosegue il pilota. I rottami dello “Storch” sono stati portati al campo di volo di Nervesa della Battaglia già nel pomeriggio del 31 dicembre. «Il recuperabile potrà essere usato per la costruzione di altri ultraleggeri, ma io non ricostruirò il mio» prosegue il pilota.

L’INCIDENTE

Nella mattinata del 30 dicembre Bartolini aveva partecipato con altri appassionati di aviazione ad alcuni sorvoli sopra Godega e Susegana, in ricordo di aviatori caduti proprio sul Piave esattamente 101 anni prima. Infatti il 30 dicembre 1917 non rientrò alla base da una missione sui cieli di Godega l’aereo Caproni Ca.3 matricola 4216, comandato dal capitano Maurizio Pagliano e con a bordo il suo secondo, tenente Luigi Gori e i soldati mitraglieri Giacomo Caglio e Arrigo Andri. Erano stati abbattuti dall’asso austriaco Benno Fiala von Fernbrugg e furono ritrovati a Susegana. Dopo la manifestazione in onore di Pagliano e Gori, organizzata dalla Fondazione Jonathan Collection, Bartolini è decollato dall’aviosuperficie di Nervesa per rientrare al suo campo di volo di partenza. Nella zona di Falzè l’ultraleggero ha avuto problemi al motore, costringendolo ad un atterraggio di fortuna dopo un volo radente. Il velivolo ha terminato la sua corsa capovolto nelle acque del Piave, ma Bartolini ne è uscito con le sue gambe. Fradicio, ma senza bisogno di soccorsi, che pure erano stati chiamati da un testimone dell’incidente. Ha chiesto solo di essere riaccompagnato a casa per poter cambiarsi i vestiti in modo da evitare un raffreddore.

ABILITà ED ESPERIENZA

«Alessio è stato molto bravo, è eccezionale. È riuscito ad atterrare su un’area asciutta del letto del Piave, dove non avrebbe provocato danni a nessuno, ed è finito in acqua perché poi il motore non si è spento. È un pilota professionista e la sua abilità si è vista» spiega il presidente della Fondazione Jonathan Collection, Giancarlo Zanardo. La fondazione costruisce e fa volare copie volanti di aerei storici. Alessio Bartolini invece si schermisce con verve toscana: «Dopo dodici anni come pilota militare ed un’altra ventina di anni come pilota di linea in Alitalia direi che è il minimo che si impari qualcosa. È in fondo è così in tutti i mestieri», conclude Bartolini che è un grande amico dell’istituzione nervesana, ma non ne è socio e il suo “cicogna” non faceva parte della flotta aerea di Giancarlo Zanardo. I membri della fondazione però sono tutti amici di Bartolini e domenica hanno tirato un sospiro di sollievo dopo la notizia che era illeso. —

Gino Zangrando

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