Barche affondate e incuria, l’altra faccia della Restera

Il porticciolo di Silea in pieno abbandono tra passerelle crollate e immondizia Mala gestione dei proprietari degli scafi e del Genio civile, che non ha fondi
Una delle barche affondate
Una delle barche affondate

SILEA. Barche affondate e ricoperte di alghe e fango, scafi capovolti che affiorano solo di prua quasi nella speranza di essere ripescati e tirati in secca, passerelle a pezzi, scalinate distrutte, immondizia. Ecco l’altra sponda della Restera, quella meno nobile, se volete, perchè ai piedi dell’area artigianale di Silea, ma non per questo meno frequentata visto che si trova lungo la via dell’osteria “da Nea”.

Il porticciolo, realizzato all’interno dell’ex conca nel Sile, potrebbe essere un luogo pittoresco tanto quanto lo è quello di Casier. Invece pare un cimitero. Dall’inverno scorso la situazione (già critica) è andata via via peggiorando complice l’incuria dei proprietari delle imbarcazioni, vandalismi e l’assenza del Genio Civile (responsabile di tutti gli attracchi) e forse pure di amministrazione e residenti che non hanno spinto per valorizzare il vecchio porticciolo.

Lì, i cento posti barca sono in gestione e cura della Regione, differentemente da quanto avviene a Casier dove la gestione degli approdi è comunale. Valgono circa 200 euro l’uno, l’anno. Non tutti sono occupati e i soldi incassati dal Genio Civile a quanto pare bastano appena a pagare le spese di gestione interne e burocratiche. Interventi? «E con che finanze?». La concessione dei posti barca ha cadenza annuale, e se non viene rinnovata salta automaticamente. Il posto liberato può essere riassegnato, ma nessuno controlla se tra i quattro pali dell’ormeggio scaduto la barca non ci sia più perchè spostata, o affondata. E il risultato è sotto gli occhi di tutti, a pelo d’acqua.

Il porticciolo dimenticato di Silea

Ma in bella vista è anche il relitto della zattera galleggiante del “Barchi-amo”, il noleggio di imbarcazioni elettriche che prima era ormeggiato nell’ansa dei Mulini Mandelli, ed ora si è trasferito a Casier con tutta la sua piccola flotta. La vecchia base operativa? Lasciata arenata sulla sponda nascosta dell’ansa di Silea in balia di piene, pioggia, degrado. Oggi i pavimenti sono imbarcati, porte e finestre distrutte, c’è immondizia all’interno. Qualcuno la rimuove? La smantella? Macchè. Resta lì a guardare il porticciolo incagliata alle spalle delle segheria, nella stessa erba alta che cresce liberamente sulla sponda delle barche nascondendo bicchieri di plastica, bottiglie, immondizia, resti di imbarcazioni, taniche, plastiche varie usate per coprire le barche dalla pioggia.

Ecco l’altra faccia della rinomatissima e amatissima riva dei Burci, che riaprirà il 16 giugno dopo i lavori per la costruzioni delle nuovissime passerelle volanti pagate– quelle sì – dalla Regione (510 mila euro di contributo all’Ente Parco Sile). Una faccia assai meno affascinante, perchè ai grandi relitti di antiche imbarcazioni da trasporto di grani e merci contrappone quelli di vecchi cofani di vetroresina. I turisti non la vedono perchè non è nelle guide degli itinerari a piedi della Greenway (quando avrebbe tutte le credenziali per esserci), non la vedono nemmeno gli enti preposti alla tutela e valorizzazione del fiume perchè altrimenti avrebbero fatto o detto qualcosa se non altro perchè lì, fino agli anni ’50, c’era insistevano attività e lavori del grande “porto di Treviso” edificato dopo la seconda guerra mondiale. Ma chi se lo ricorda più.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso