All'alba nel rifugio tra i Suoni delle Dolomiti
Con Mario Brunello e Margherita Hack. Le parole raccontano i segreti dello spazio. E la musica ammalia
Che cosa hanno in comune l'astrofisica Margherita Hack e il violoncellista Mario Brunello, definito dalla critica come l'erede del grande Rostropovich? Che cosa hanno in comune per darsi appuntamento alle sei di mattina nel cuore delle Dolomiti? Sorride il musicista di Castelfranco Veneto che è l'ideatore della bizzarra accoppiata. E che mescola, in un mix equilibratissimo, profonda cultura musicale, tecnica raffinatissima e creatività sorprendente. «Direi che l'abbinamento è quasi casuale» risponde. Casuale eppure azzeccatissimo se alle 4 e mezza di mattina il Passo San Pellegrino, ancora immerso nel buio, si popola di più di un migliaio di persone che s'incamminano lungo la strada forestale diretta al rifugio Fuciade, già circondato da decine di «canadesi». Seconda alba per «I suoni delle Dolomiti», il festival trentino che unisce passione per la musica e amore per la montagna. Brunello ne è ospite fisso. Anzi di più. è uno degli artefici: «Abbiamo ideato queste albe cinque anni fa - dice - La formula funziona anche senza uno spettacolo costruito: basta un abbinamento per esprimere parole e suoni importanti». Parole e suoni che il pubblico, accarezzato da una fredda brezza mattutina, ha ascoltato in un silenzio magico, interrotto solo dal muggito o dal campanaccio di qualche mucca al pascolo.
Brunello, con il suo violoncello Maggini, ammalia e seduce, passando da Bach al siciliano amico-compositore Giovanni Sollima, da Gyorgy Ligeti (autore della colonna sonora di «2001 Odissea nello spazio») ancora a Bach. La Hack volge lo sguardo allo spazio e lo racconta. Brunello è così: vuole andare oltre i generi, superare le barriere. Lo fa con il jazz. Con la narrativa o il teatro (ha lavorato con Baricco e Maddalena Crippa). Spiega: «Non solo la musica, tutte le discipline artistiche hanno bisogno di contatto. E di misurarsi dal vivo. Più che di contaminazioni, parlerei di esigenze sentite sia dal musicista che dal pubblico. C'è voglia di esperienze nuove. Di sperimentare».
I più importanti teatri del mondo gli spalancano le porte e lui non si accontenta. A giugno ha suonato a 3700 metri sul monte Fuji: «Anche se i giapponesi erano titubanti, ho voluto farlo per un popolo che nei confronti della musica ha un'adorazione introvabile altrove». Da anni viene sulle Dolomiti: «Sono un frequentatore abituale di questo festival. Lo faccio con gioia e mi diverto. Sono eventi che provocano emozioni. Al di sotto di tutto c'è una ricerca di silenzio e natura». I fan lo assediano. Lui regala sorrisi e autografi. In calendario due uscite nel mercato discografico per l'autunno: il triplo concerto di Beethoven suonato con Claudio Abbado per Deutsche Grammophon, poi due cd con la sua casa discografica giapponese Jvc dedicati allo straordinario Sollima, Schubert e Lecheu.
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