Alla riscoperta degli antichi vigneti della Serenissima

Il Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano con il Consorsio Vini Venezia a lavoro nell'isola di Torcello. Già campionate 68 piante
L'isola di Torcello
L'isola di Torcello

Carlo Goldoni nelle sue opere teatrali è una miniera di suggestioni gastronomiche e per quanto riguarda il vino arrivava a far dire a un'intrigante Mirandolina : «Bevo il vin cogli occhi...poi...».

I vigneti della Serenessima tornano d'attualità grazie al progetto del Consorzio Vini Venezia e del Centro di Ricerche per la Viticoltura di Conegliano. Lo scopo è quello di dare nuova vita al patrimonio vinicolo della città lagunare. La bevanda per eccellenza ai tempi del Goldoni era indubbiamente il vino a cui, dice il drammaturgo veneziano, si può affidare un segreto rimedio per debellare il più profondo dei tormenti: il mal d'amore.

Sull'isola di Torcello e all'interno del convento dei Carmelitani Scalzi, si recupera così la memoria di un passato impresso nei libri di storia, ricreando i vigneti della Serenissima e l’atmosfera delle locande goldoniane, e restituendo a Venezia il suo patrimonio viticolo e il ruolo di fervido porto commerciale che ha avuto fin dai tempi più antichi.

Venissa tra le 10 bellezze del mondo
Il vigneto di Venissa (Foto Antonio Guerra)

Finora sono state campionate complessivamente 68 piante: l’identificazione ha consentito di ottenere l’impronta genetica della vite e di fare un confronto con la banca dati del Centro di Ricerca di Conegliano. «La disponibilità delle comunità religiose, delle aziende ed anche dei privati hanno consentito la visione delle piante ed il prelievo di campioni dalle piante che risultavano di origine incerta» –sottolinea Carlo Favero, direttore del consorzio Vini Venezia –questo ci ha permesso di raccogliere un patrimonio di varietà molto interessante: il progetto si prefigge di scoprire l'origine, la provenienza e le caratteristiche delle viti ancora presenti a Venezia, ma vuole anche rafforzare una parte storica e importante della viticoltura locale».

In questo tragitto ben si inserisce sia il riferimento alla letteratura italiana, sia, soprattutto, al teatro veneto che gronda di intingoli, è pervaso da mille profumi di sughi e dal tintinnar di bicchieri colmi del nettare che la terra veneta ha sempre saputo dare. Anche le piante hanno un dna, e nella loro “mappa” genetica si può rintracciare la storia di un popolo.

Riscoprire quei sapori e quei profumi è come riportare in tavola ben "innaffiati" i pollastri e piccioni de "La Locandiera" oppure "Un poche de sardelle... per cucinarle subito e metterle in saor...." de "Le donne de casa soa" o ancora "l'odòr de polpete" de "Le femine puntigliose".

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