Al funerale il medico fidanzato di Sofiya: «Sognava un figlio»

Treviso. «Il nostro sogno si chiamava Lorenzo, Sofiya voleva un figlio». Con la voce rotta dal pianto, alla fine del rito, Placido Maugeri rompe il silenzio e ricorda la sua Sofiya
ferrazza agenzia foto film treviso funerale sofjya melnjk in obitorio
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"Sofiya voleva un figlio": le lacrime del fidanzato al funerale della donna uccisa

TREVISO. «Il nostro sogno si chiamava Lorenzo, Sofiya voleva un figlio». Con la voce rotta dal pianto, alla fine del rito, Placido Maugeri rompe il silenzio e ricorda la sua Sofiya. Un amore appena sbocciato, quei progetti infranti sul nascere contro l’inaspettata tragedia.

Arriva un po' in ritardo Maugeri, testa bassa e occhi gonfi. Stringe tra le mani un mazzo di rose bianche avvolto dal tulle, sembra il bouquet di una sposa. L'ultimo amore di Sofiya cammina veloce, posa la mano sulla sua fotografia che è appesa alla porta dell'obitorio del Ca' Foncello.

Fuori c'è solo il rumore del vento, dentro alla piccola camera ardente sta per iniziare il rito funebre. Il medico appoggia i fiori sopra il feretro poi posa le sue mani sulla bara, quasi a toccare per l’ultima volta Sofiya. Pochi interminabili secondi. Poi si mette accanto alla madre, Valentina. Molte lacrime scendono mentre Pope Kociorva celebra la funzione e invita tutti a ricordare Sofiya, la sua gioia di vivere senza dimenticare il perdono per ritrovare la pace.

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«Era una donna a cui mancava il diventare mamma, ma credeva che questo fosse il momento giusto, visto che c'era una svolta nella sua vita ed era capitata a me» ha spiegato Maugeri, condividendo come mai prima d'ora i pensieri più intimi. Sofiya l'aveva conosciuta lo scorso settembre. Lui affermato radiologo 57enne, lei una paziente con un problema al ginocchio. Il colpo di fulmine, la voglia di vivere una relazione alla luce del sole. Poco importavano i quattordici anni di differenza tra loro, nessun giudizio sul passato di Sofiya, che conviveva con Pascal Albanese da sedici anni e da nove frequentava anche un geologo emiliano. Lei voleva lasciarsi tutto alle spalle per scrivere una nuova pagina.

«Bastava un panino a farla felice, non le cene con il caviale» racconta Maugeri. La Sofiya che ha amato era una ragazza semplice, distante dal lusso e dalle pretese. «Ha sempre vissuto la sua vita provando a farlo il meglio che poteva, sbagliando come tutti ma senza fare male a nessuno. Forse era arrivato il momento di quiete, in cui voleva realizzare i suoi sogni». Tra questi il desiderio di maternità che insieme a Maugeri aveva iniziato a coltivare: «Lorenzo era il suo sogno, ne avevamo parlato».

La voce si alterna ancora al pianto. Sembra non esserci spazio per il rancore nei confronti di chi, lo scorso novembre, ha fatto così tanto male a Sofiya, ferendola a morte per poi gettarla in un dirupo sui tornanti del Monte Grappa. Un delitto che non ha ancora un colpevole, ma solo alcune inquietanti ombre sulla figura del convivente Pascal, morto suicida undici giorni dopo la sparizione della donna. «Pascal, poveretto, anche lui ha vissuto la vita come ha potuto» aggiunge Maugeri. E se fosse stato lui? «Anche se fosse, ogni persona agisce come pensa che sia giusto. Non è mai giusto, lo diciamo tutti i giorni, quando muore una donna e poi un'altra ancora. Io dico: vivi e lascia vivere perché le cose non sono eterne, finiscono, e se era finita tra Sofiya e Pascal non era una cosa disumana, era una cosa umana. E l'umano di per sé è imperfetto».

Non c'è odio nei confronti di Pascal, lo si vede nell'abbraccio dato alla sorella e alla mamma dell'uomo. «Pascal ha vissuto con Sofiya a lungo e mi fa piacere, deve essere stata anche una bella storia finché è durata». Alla fine del rito Maugeri prende il cellulare e fa partire la loro canzone, “Perfect” di Ed Sheeran. Posa il portatile sulla bara, per far sentire le note a Sofiya. Piangono tutti.

Valentina Calzavara
 

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