Addio Carnielli, chiesto il fallimento

VITTORIO VENETO. I lavoratori della Carnielli di San Giacomo hanno chiesto il fallimento della loro azienda. «Un anno di aspettative sono finite con un tradimento», afferma Paolo Pagotto, segretario Fiom. E il sindacato, sulla spinta dei lavoratori, ha deciso di dire basta mobilitando il proprio ufficio vertenze affinchè chieda istanza di fallimento. Il 14 febbraio sarà, dunque, un triste anniversario per i lavoratori della storica azienda vittoriese, leader nel settore delle biciclette e del fitness. Un anno fa chiudevano i cancelli della fabbrica di San Giacomo, trasferita dal centro città, mettendo la parola fine ad una storia cominciata nei primi anni del Novecento. La crisi da una parte, ma anche scelte industriali totalmente sbagliate dall'altra, hanno trasformato un marchio che nella sua storia è stato capace di conquistare il mondo con la mitica ‘Graziella’ e successi sportivi sulle strade di Giro e Tour, in due stabilimenti oggi completamente abbandonati e simbolo di un declino cominciato oramai alcuni anni fa. «Non solo si è cancellato un marchio che ha fatto la storia e non si meritava una fine così ingloriosa, ma», insiste Pagotto, «da parte aziendale non si è voluto accompagnare il sindacato che in tutti i modi ha cercato di salvare i posti di lavoro coinvolgendo anche le istituzioni e persino interpretando un ruolo non nostro, di tramite con nuovi investitori che, contattando noi, si erano interessati alla storia e al sito produttivo». Tutti respinti per una trattativa “altra” che doveva garantire in tempi brevi i soldi dei lavoratori rimasti nella pancia della azienda. Ad un anno di distanza di quei soldi i lavoratori della Carnielli non hanno visto un euro. «L' azienda ci aveva assicurato che il concordato, con relativo pagamento dei Tfr (il trattamento di fine rapporto), era dietro l'angolo. Che esistevano piani capaci di avere sostenibilità, che la soluzione era a portata di mano, tanto che nell'ultimo dei tanti incontri fatti, datato 8 ottobre 2013, era stata stilata una lista, votata dai lavoratori, per l'evasione immediata dei primi Tfr secondo un principio solidaristico di urgenza valutato caso per caso vista la drammatica situazione che alcuni dei lavoratori stavano passando». Un piano di rientro che consentisse ai lavoratori di respirare. Sono rimaste ancora una volta parole al vento. Ad un anno di distanza dalla chiusura niente di tutto ciò è stato mantenuto facendo subire a questi lavoratori una doppia amara beffa. «Non solo abbiamo perso il lavoro, non solo sono finiti gli ammortizzatori sociali senza riuscire a rioccuparci a causa della crisi, dell'età, della troppa professionalità, ci siamo sentite dire anche questo, ma», intervengono Maria Angela Smilordo e Valeria Serena in rappresentanza dei lavoratori, «abbiamo buttato via un anno. E adesso dobbiamo settimanalmente giustificarci con banche e finanziarie per l'impossibilità di pagare le rate dei mutui, rate che potrebbero essere sgravate avendo a disposizione il Tfr, soldi nostri».
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