A un anno dalla morte di Sofiya Melnyk il giallo si infittisce: si indaga sui messaggi Facebook

Il sostituto procuratore Giulio Caprarola sta attendendo l’esito della rogatoria presentata alle autorità statunitensi per l’accesso ai server che consentiranno di esaminare con attenzione i profili Facebook di Sofiya

CORNUDA. A un anno dalla scomparsa di Sofyia Melnyk, la giovane donna ucraina trovata morta in una scarpata la vigilia di Natale, il giallo si infittisce. Le indagini in Procura continuano senza sosta.

Il sostituto procuratore Giulio Caprarola sta attendendo l’esito della rogatoria presentata alle autorità statunitensi per l’accesso ai server che consentiranno di esaminare con attenzione i profili Facebook di Sofiya, quello di Pascal Albanese e una serie di indirizzi mail.

Dentro potrebbero esserci informazioni utili per confermare la pista al momento maggiormente seguita dagli investigatori, ovvero l’omicidio della donna cui sarebbe seguito il suicidio del convivente Pascal Albanese. 

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La richiesta è stata fatta alcuni mesi fa e, dopo aver atteso che la pratica venisse esaminata dalle autorità americane, si tratta di attendere la risposta dei provider cui è stata trasmessa la richiesta della Procura di Treviso che sta anche cercando di capire quali segreti custodivano gli hard disk trovati nella villetta di via Jona a Cornuda e risultati cancellati da qualcuno. 

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 Una vicenda quella della bella ucraina, che aveva avuto una prima svolta drammatica quando era stato scoperto il corpo senza vita, impiccato nella propria abitazione di via Jona a Cornuda, di Pascal Albanese, il cinquantenne con cui viveva. Perché prima di quel suicidio c’era stata la denuncia della scomparsa della donna non da parte dell’uomo con cui viveva a Cornuda, ma da parte del geologo romagnolo con cui era solita trascorrere dei week end.
 
E poi era emersa la novità dell’amico radiologo con cui la 43enne ucraina intendeva andare a vivere. Tutti ingredienti che avevano fatto subito pensare che la scomparsa di Sofiya Melnyk non fosse stata volontaria, ma vittima di un omicidio. Come faceva sospettare anche il ritrovamento della sua macchina a Maser, ai piedi della strada che porta a Forcella Mostaccin.
 
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Cosa che si è rivelata poi vera in tutta la sua atrocità la vigilia di Natale, quando in quel dirupo sul Grappa era stato ritrovato da due cacciatori di Romano d’Ezzelino il corpo, identificato poi con certezza tramite il dna come quello della 43enne ucraina di cui non si sapeva nulla dal 15 novembre, un corpo violato non solo da come si ritiene sia stata uccisa, ma anche dalle ferite inferte dal tempo e dagli animali per il periodo in cui era rimasto abbandonato tra i cespugli e le immondizie.
 

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