Lutto a Treviso, è morto Mario Fantin anima della Metalcrom e dell’Università del rugby

TREVISO. Era stato allo stadio di Monigo a vedere la vittoria con gli Scarlets. Non avrebbe mai potuto mancare perchè la palla ovale è stata la chiave di volta della sua vita, la colonna sonora della sua gioventù e la fonte delle sue amicizie.
Faceva parte della covata che comprendeva Chechi Mazzariol, Ciodo De Cristoforo, Checco Minello, Coco Paronetto e quei ragazzi degli Anni 40 che avevano vissuto l'humus del rugby trevigiano e della Metalcrom e avevano poi istituito quella strana creatura che qualcuno aveva ribattezzato l'Università del rugby trevigiano, sede nell'edicola di Paolo Pregnolato, suo compagno di squadra nella Metalcrom di cui era stato seconda linea.
Lo ha trovato ieri mattina alle 10.45, al rientro dalle commissioni, la moglie Sonia, ormai morto a letto, con il computer e la tivù accesi. Aveva appena finito di spedire via mail la notizia della morte dell'amico Pino Borghesi (avevano condiviso l'avventura, sempre rugbistica, dello Sporting di Vacil) e la data del funerale.
Se n'è andato così, a 72 anni, a causa di uno scherzaccio del cuore, Mario Fantin, fratello di Giorgio, colonna Metalcrom e uomo di cultura. Sabato allo stadio, parlando di un amico che temeva l'infarto e per questo si era recato in pronto soccorso, aveva detto di aver avvertito qualche segnalino poco incoraggiante e di voler anche lui capirci di più.
Invece Mario ieri ha lasciato la compagnia, quella sportiva, che si era poi convertita in una specie di confraternita dell'ovale, sempre pronta allo scherzo, alla bagarre, a "tenere la piazza", luogo di cui Fantin era stato uno degli "eroi vitali", capaci di qualunque mattana e qualunque scherzo nel nome dell'allegria e dell'ottimo vivere, della risata. Nella vita, oltre a interdersene di palla ovale e oltre ad appartenere all’elite degli intenditori trevigiani che si ritrovavano in piazza San Vito, aveva fatto il bancario presso il Credito Italiano di Piazza dei Signori.
Una volta in pensione, giusto per unire l’utile al dilettevole, aveva messo in piedi, con un socio, una fabbrica di magliette da rugby, la Rugby Colors a Casale, nota in campo internazionale. Nei ritagli di tempo aveva anche seguito la carriera (da rugbista, naturalmente) del figlio Edoardo.
Faceva parte anche del nucleo dei fondatori del Vecio Rugby e nell’ambiente della palla ovale italiana, pur non essendo stato un grande giocatore, era uno che poteva dire la sua. A casa aveva accumulato un grande quantitativo di materiale, inconografia e memorabilia che potrebbero costituire un futuro primo nucleo di un museo dedicato a questo sport.
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