Licia, nostra signora degli scudetti
La capitana delle Red Panthers ha vinto 19 tricolori su 23

2007: MASCHERA DI SANGUE. Licia Stefan soccorsa da Giovanna Bado
Sabato le Pantere Rosse, che alla maglia da un po' hanno aggiunto il bianco e il verde (evidentemente si sentono più nel loro elemento naturale), hanno vinto lo scudetto numero 23 in 26 anni di storia. E c'è la capitana, Licia Stefan, 35 anni, che se n'è portati a casa 19: dev'essere per forza l'atleta italiano di ogni sport più vincente di sempre. Red Panthers, insomma, resta sinonimo di vittoria e di trionfi.
«E non sono neanche la più vecchia, Michela Tondinelli ne ha 36», ironizza Licia, primo anno da flanker dopo una vita in prima linea, una bomba di grinta, passione ed esperienza. E' vero che l'ultimo tricolore è sempre quello più bello? «Mah, non lo so. Certo che questo ci mancava e come, sentivo che lo scudetto doveva tornare a casa, quasi come un atto dovuto. Ci ha spinto il ricordo della sconfitta di un anno fa, più che altro per colpa nostra, senza nulla togliere al Mira che al contrario di noi in finale dà sempre il meglio».
Sabato vi è bastato darlo nel secondo tempo.
«Nel primo siamo cadute nel solito errore di non riuscire ad esprimerci forse anche per un certo arbitraggio. Quando abbiamo compreso il modo in cui reagire non c'è stata storia, sono arrivate mete costruite di squadra, tutte a toccare il pallone. Però ci sono voluti 40 minuti».
Licia, in campo ci sono anche gli avversari...
«Non lo nego, ma quando il primo avversario sei te stesso è molto peggio».
Siete tornate le Pantere imbattibili.
«Una stagione molto più serena dell'altra, siamo arrivate alla fine con una testa diversa: un anno fa eravamo partite davvero contate, stavolta c'è stata stabilità e tranquillità, eravamo in tante ed abbiamo giocato tutte, anche le più giovani, crescendo assieme. Direi anzi che sono state gettate le basi per il futuro, che spero ci riserverà altre soddisfazioni».
A proposito di giovani, fino a quando intendi tener botta?
«Finchè il fisico mi permetterà di dare una mano. Giocare numero otto è divertente: nuovo ruolo, sapete, l'età che avanza... In terza si è creato un bell'equilibrio mentre in prima c'è stato un un rendimento che l'anno scorso facevamo fatica ad avere».
Ma non vi stufate di battere (o perdere) sempre il Mira? Nove finali di fila.
«C'è Valsugana che da due anni sta lavorando bene, ha sfiorato la semifinale. Il divario con le altre però resta alto: in semifinale scarti notevoli, noi a Roma abbiamo dato 35 punti con in campo le ragazzine, l'anno prossimo 10 di loro saliranno di categoria. Ed averne tante è necessario: sapete, ci sono le maternità, i matrimoni, le scelte di vita».
Tu operi in un Caf: riesci a conciliare lavoro e rugby?
«Rinuncerei a tutto ma non a un allenamento. E poi è noto che noi donne siamo molto più brave di voi a fare due cose contemporaneamente..».
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