Il trevigiano Ballan campione mondiale

Trionfo di Alessandro Ballan, primo trevigiano campione del mondo di ciclismo su strada. Ballan, 28 anni, di San Giorgio di Castelfranco, ha vinto per distacco la prova del mondiale italiano che si è chiuso con un bottino strepitoso per i colori azzurri: due medaglie d’oro e l’argento di Simone Ponzi, under 23, della Zalf Désirée Fior di Salvarosa di Castelfranco. Ballan ha lasciato i compagni di fuga con un allungo a tre chilometri dal traguardo ed è arrivato a braccia alzate. Secondo il veronese Cunego, terzo il danese Breschel quarto il vicentino Rebellin.
20080928 - VARESE- SPO- CICLISMO: MONDIALI; BALLAN, E' SUCCESSO QUALCOSA DI SPECIALE. Il ciclista italiano Alessandro Ballan esulta sul traguardo di Varese. DANIEL DAL ZENNARO/ANSA /DC
20080928 - VARESE- SPO- CICLISMO: MONDIALI; BALLAN, E' SUCCESSO QUALCOSA DI SPECIALE. Il ciclista italiano Alessandro Ballan esulta sul traguardo di Varese. DANIEL DAL ZENNARO/ANSA /DC
Una schioppettata da killer quando mancano tre chilometri alla fine. Parte a velocità tripla, gli altri sembrano fermi, acrobati sospesi sul filo di un trapezio mentre passa un fulmine. Trenta pedalate furibonde, testa bassa. Fa il buco. E poi via, come il vento, con gli altri alle spalle a guardarsi in faccia, con i compagni a rompere i cambi e il cuore che si gonfia ad ogni pedalata. Perchè laggiù c’è la felicità. Perfetto, perfetto. Alessandro Ballan di Castelfranco Veneto si volta solo negli ultimi metri, per controllare che tutto si sia compiuto. Poi spara un sorriso a tutti denti e va a prendersi la gloria e la maglia di campione del mondo, nel boato del pubblico italiano salito a Varese per veder sfatare la cabala: era dal 1968 che l’Italia non vinceva il mondiale in casa. Dai tempi di Vittorio Adorni, Imola 1968. Proprio Adorni, nella ressa, ci avvicina commosso: «Era ora. L’avete visto? Sembrava il Saronni di Goodwood. E’ un grande, ce l’avevo in pronostico».


I tre veneti. Al secondo posto un altro veneto, il veronese Damiano Cunego; al quarto il vicentino con casa a Galliera Veneta, Davide Rebellin. Tre veneti vestiti d’azzurro a giocarsi il finale di partita. E tutti e tre avrebbero potuto vincere. Paolo Bettini? Il toscano, che provava a chiudere la carriera con il terzo mondiale consecutivo, non se ne dà a male. Arrivato con il gruppo inseguitore, festeggia come avesse vinto lui, felice che il «piano B» della sua nazionale abbia funzionato, pronto ad abbracciare Alessandro come si fa con un fratello minore: da anni, in azzurro, sono compagni di camera. E prima di dormire se la raccontano. Già, il «piano B» inventato in corsa: troppo controllato Bettini, con i succhiaruote spagnoli che, a furia di demolire la corsa degli italiani, hanno distrutto anche se stessi. Avevano puntato tutto su Freire, sulla volatona finale, ed hanno sacrificato a questo fine anche una fuga con tre italiani e tre dei loro ragazzi tra i quali figurava Valverde. Quest’anno avevano vinto tutto: Giro, Tour, Vuelta e Olimpiade. Il Mondiale sarebbe stato il segno della tirannia, ma gli è tornato sul naso. Ben gli sta. E meglio per noi.


Quel pugnaccio. Anche in casa nostra c’è chi storce la bocca, anche se prova a trattenersi: Cunego la prende malissimo, già pregustava la volata vincente (del gruppo ristretto di tredici atleti) quando si è visto sfrecciare al fianco Ballan. Sul traguardo, il veronese non alza le mani al cielo, ma tira un pugnaccio sul manubrio. Eppure la volata dei battuti e l’argento li ha vinti lui. Ma raccontiamola in presa diretta (con commento), la favola di Varese. La partenza a tribune vuote (del buco finanziario parlerà qualcuno?) e inutilmente gigantesche. L’annuncio del ritiro dal ciclismo di Bettini getta qualche ombra in casa azzurra. Farlo vincere per chiudere in bellezza diventa un macigno. Ha ragione lui, hanno ragione loro. Avesse aspettato qualche ora... L’aria è fresca, il sole la scalderà. Voglia di lavorare poca. Così vanno via tre bardotti senza speranza: Ochoa Quintero, Chuzhda e Poos. Prima di consumarsi come candele al sole, prendono anche 17’ di vantaggio. Poi il rischio si fa grosso (quello di portare tutti freschi all’ultimo giro e fare un regalo a Freire & Co.) e Italbici accellera, mettendo i suoi davanti. Macchè Pordoi... Sulla rampa dolce del Montello e quella più duretta dei Ronchi (il ministro Maroni ha detto che è il suo Pordoi, ma valà ministro) è il trevigiano Bruseghin a fare il «muss». E la polka diventa rumba. Ma il Bruss è solo, senza cambi, la velocità non s’impenna. E siamo a metà gara. Allora si sacrifica anche Paolini, poi 5 azzurri: gli spagnoli fanno i pesci in barile, i belgi fanno finta di aiutare, i tedeschi pure. Non è così che si fa selezione, serve una serie di attacchi, altro che seguire i morti: mancano 4 giri e gli altri non hanno bruciato nessun uomo. Allora parte forte Paolini e spacca il gruppo. Ci stanno anche Rebellin e Bettini, ma facendo finta di niente. Si rompe mefitica la bolla. Bruseghin è davanti a tirare da 5 giri, troppo, e arriva la seconda botta: scatta il veronese Cunego, lo seguono Moinard e Joaquim Rodriguez. Bettini non resiste alla tentazione e s’aggancia insieme ad altri. No, Cunego e Bettini non bastano. Remi in barca e acido lattico nelle gambe. Per noi, ma anche per gli altri. E allora, al terzultimo giro, ci prova Ballan da Castelfranco, con l’esito di portarsi dietro due spagnoli, Garate e Rodriguez e... Bettini. S’aggiungono poi Miholievic, De Weert e Kolobnev. Valverde si sveglia tardi ma recupera, portandosi però lo scomodo Cunego.


La ricucitura. Tre italiani contro 3 spagnoli, perfetto. Però gli iberici devono aver deciso di vincere in volata con Freire, non tirano un metro e il pattuglione si ricuce. Tocca al padovan-vicentino Rebellin: in coppia con Cunego, porta via Grivko, Wegmann, Pfannberger e Rodriguez. Chi porta dentro il gruppo? Gli spagnoli, certo. E i belgi, per la volata di Boonen. Abbiamo un uomo in meno (Bosisio, vista la magra, poteva starsene a casa) e tocca al trevigiano Tosatto rilanciare. Il gruppo s’assottiglia ancor più: sempre troppi. Penultimo passaggio sui Ronchi, e Ballan riprova la stoccata in salita. Si porta a rimorchio, per un po’ Weggmann, Breschel, Van Avermaet, Rodriguez (che non tira un metro), Liungqvist. Siamo all’ultimo giro: ai sei si attacca un gruppo con Rebellin e Cunego, mentre Bettini si rassegna a farsela raccontare alla fine. Ri-scatta Ballan, poi Cunego, quindi, sui Ronchi, Rebellin strappa, Ballan si ripete: si ritrovano in pochi, lì davanti. E tra i pochi i nostri 3. Parte Rebellin, ancora Cunego, ancora Rebellin. Gli altri sono morti, si scollina. Volatina? No. Ballan fa il dio.

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